Tag Archive: saggezza


Ieri,con il mio amico Marco,siamo andati in una delle mie montagne preferite,la quale io definisco un ” Tempio “. In un tempo passato,le Alpi Apuane mi hanno salvato,mi hanno fatto cambiare vita,tutte le mie esplorazioni in solitario mi hanno aiutato a cambiare prospettiva,a cambiare il modo di vedere e percepire le cose,una vita più vera,autentica,naturale,basata sulla verità e sull’Amore. Salire su di una montagna non è solo un atto fisico,ma anche un atto spirituale,è un sinonimo della vita. Cosa ci insegna ascendere una montagna? Ci insegna in primo luogo,che niente di straordinario e magnifico ci viene regalato senza impegno e sacrificio,che non ci è dovuto niente,che tutto dobbiamo meritarci o niente otterremo. La salita,la fatica,talvolta la paura e la voglia di rinunciare e mollare,tutto questo induce un carattere debole a scappare,a tornare indietro,a trovare scuse,a dare la colpa a qualcuno o qualcosa,così come nella vita. Ma se saremo capaci di superare queste sensazioni,tentazioni e rimanere fermi e centrati sui nostri obbiettivi,allora passo dopo passo,dolore dopo dolore,gioia dopo gioia,arriveremo ad uno stato di consapevolezza diversa,cioè che siamo più forti di quello che abbiamo sempre pensato,che il nostro corpo può resistere,perché il nostro spirito è forte e se siamo arrivati su di una vetta di una montagna,senza cedere alla tentazione di rinunciare,allora quali altre prove nella vita non saremmo in grado di affrontare? Nessuna! Una delle più grandi lezioni che mi hanno insegnato le montagne è questa: non mollare mai,perchè la gioia,la magia e l’infinita bellezza della vetta è solo per i coraggiosi,per coloro che rimangono centrati e consapevoli e quel dono che solo la vetta sà dare,è quel sentirsi ad un passo dal Cielo,vedere il mondo dall’alto,vedere lontano,molto lontano,da una prospettiva quasi Angelica: e tutto questo non può essere regalato,ne è un diritto,ma và meritato.
 Tiziano Terzani – Quando sei a un bivio e trovi una strada che va in su e una che va in giù, piglia quella che va in su. È più facile andare in discesa, ma alla fine ti trovi in un buco. A salire c’è speranza. È difficile, è un altro modo di vedere le cose, è una sfida, ti tiene all’erta. –

In secondo luogo,le montagne sono una eterna meditazione,perchè ti costringono ad essere nell’attimo presente,nel “qui e ora”. La mente non può permettersi di andare nel passato o nel futuro,perchè se no rischi di cadere e farti male o peggio. Ricordo, quando la mente va troppo nel passato si rischia di diventare depressi,quando invece la mente và troppo nel futuro,si rischia di diventare ansiosi: quando invece la mente,rimane nell’attimo presente,nel “qui e ora” ,la mente è in pace,non deve preoccuparsi di nulla. Ecco l’importanza della meditazione,cioè rimanere nel presente,con la mente libera e sgombra da ogni pensiero. In verità vi dico: le migliori risposte le ho trovate nel silenzio,nella natura,non le ho mai trovate in nessun personaggio spirituale o conferenza di suddetti personaggi. È nella natura che Dio si rivela,è nel cuore umile,in pace e silenzioso dell’uomo che Lui parla.  

 Tiziano Terzani- « Non ci sono scorciatoie, tanto meno quella di un guru che ti apre la via. Questo è un aspetto che varrà la pena di sottolineare, anche per mettere in guardia futuri giovani viaggiatori dal restare intrappolati da questa idea che ‘c’è bisogno di uno che fa luce’. Che la faccia, ma poi tocca a noi giudicare, valutare, fare la nostra esperienza. » ─ 

C’è una magia profonda nel silenzio urlante dei boschi,c’è un estasi nella vetta alta e solitaria,c’è un canto eterno nello spirito degli alberi,c’è una saggezza antica nelle roccia e una luce profonda nei torrenti di montagna. Tutto parla,riecheggia e risuona allo spirito dell’uomo umile,che con mente e cuore aperto prova gratitudine e reverenza per tutto questo,per questi doni della terra e del Cielo. 

Che possiate imparare dalle montagne la forza, per essere indipendenti da tutto e tutti, che possiate avere la pace,per vivere felici,e che possiate sviluppare in voi stessi l’Amore,per imparare la compassione e quindi non essere più schiavi di questa competizione assurda di questa società. – Jvan Bugliani –
– Gesù < ” il Regno di Dio è nel cuore del uomo ” >.

 

image

Questa testimonianza ( che segue,dopo questa mia introduzione ) di Clive Martin,giovane ragazzo londinese,è veramente illuminante,è un quadro preciso ( e drammatico ) della situazione che hanno vissuto e vivono le ultime generazioni. Io ho 32 anni e ho fatto un pò tutto ( forse anche di più ) di quello che questo ragazzo scrive,e per questo parlo per esperienza. Non avevo capito la povertà nella quale vivevo,finchè non mi sono guardato dentro e ciò visto un grande vuoto,che ne discoteche,ne alcool,ne droghe,ne sesso, potevano,ne mai potranno riempire. Allora mi sono messo alla ricerca di qualcosa di più vero e concreto. Al giorno d’oggi,le persone,dai 16 anni ai 50 e oltre,ne fanno di ogni,senza limiti e senza rinuncie. Tutti vogliono tutto e così si finisce per non avere niente nessuno. Sono tutti molto liberi ( anche se fidanzati o sposati ) , ma allo stesso tempo molto soli. Se queste generazioni non si danno una svegliata si autodistruggeranno e porteranno nel baratro anche le persone che gli stanno vicino. Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose. O si cambia o tutto si ripete,o come disse Albert Einstein: ” Un matto è colui che ripete sempre le stesse cose,aspettandosi risultati diversi “.
Ora vi lascio all’interessante lettura dell’articolo di Clive Martin,il giovane ragazzo inglese di Londra,il quale evidentemente si ê dato una svegliata. Jvan Bugliani

– Questa generazione non capisce quand’è il momento di crescere.
La tendenza a “vivere aspettando il weekend” non ha niente di nuovo. In realtà, la storia di quella che chiamiamo “cultura giovanile” è semplicemente la storia di ragazzi che non sono in grado di conciliare la vita quotidiana e la vita sociale e che finiscono per trovare conforto nei riti del sabato sera e nelle mattinate passate a casa a non far nulla invece che nella carriera, nei figli e via dicendo. In poche parole, la spasmodica ricerca degli ultimi, brevi anni in cui possiamo comportarci in modo imbarazzante e dire stronzate prima di diventare uguali ai nostri genitori—cosa che accadrà comunque, che ci piaccia o no.
Ottime notizie: il senso di disillusione che provate non ha niente di speciale. L’unica cosa che lo fa sembrare diverso è l’esistenza di Facebook. L’insoddisfazione costante è un problema vecchio di decenni, una condizione ineludibile della società tardo-capitalista, un sintomo della disarmante inutilità della vita moderna.
I sentimenti di questo tipo ricorrono in un sacco di prodotti culturali, da La febbre del sabato sera a Quadrophenia, a Bright Lights, Big City. E stranamente, tutto ciò ha fatto sì che essere dei coglioni sia diventato rassicurante.
Lo stesso concetto di “teenager” ha ormai sessant’anni. Inizia ad essere un po’ datato. Mentre un tempo la stupida bramosia del venerdì sera era considerata una fase naturale attraverso cui passavano tutti—una sorta di pubertà esistenziale che si sarebbe conclusa da sola, quando i postumi sarebbero iniziati a durare giorni invece che ore—oggi sembra che la gente si stia dimenticando di uscirne.
Non si tratta più solo di giovani e studenti che cercano di scappare dalla vita reale, ma anche di ventenni e trentenni che fanno la stessa cosa. Persone che dovrebbero ormai sapere che si può e si deve fare anche altro nella vita, ma che evidentemente non lo sanno così bene. Persone grandi, adulti semi-funzionali, che non hanno però alcuna intenzione di rinunciare a quelle serate infinite passate a fissare il proprio riflesso nella tazza del cesso di un locale, e che non vogliono nemmeno trovare una ragione per rinunciarvi. Persone come me, insomma.
Questa è la mia generazione: una generazione che non viene in alcun modo incentivata a crescere. Niente figli di cui preoccuparsi, niente mutui da pagare, un’assistenza sanitaria sufficiente per restare vivi, un lavoro che ci dà giusto i soldi per nutrirci, lavarci e avere un posto in cui dormire e delle relazioni umane in cui l’unica cosa che ci distoglie dal nobile scopo di andare d’accordo con tutti sono le urla del capo o le telefonate preoccupate dei genitori. Un esercito di fannulloni del primo mondo intrappolati in un labirinto di immaturità.
Di recente, un mio amico mi ha detto che secondo lui oggi sarebbe impossibile fare un film come Big, proprio perché i trentenni fanno le stesse identiche cose che fanno gli adolescenti. Quindi non sarebbe più divertente né sconvolgente vedere un uomo adulto che compra un tavolo da ping-pong o che si mette i jeans per andare in ufficio. E probabilmente non funzionerebbe neanche se il protagonista avesse 40 anni invece che 30.
Io non ho ancora 30 anni, ma non sono nemmeno così lontano da quel traguardo, e quando penso alla mia vita di oggi trovo poche differenze con quella che facevo quando avevo 17 anni. Penso alle mie estati: continuo a bighellonare per le strade di Londra in compagnia di tizi appena conosciuti, tracannare lattine di birra, intonare cori da stadio, cercare di imbucarmi alle feste, scrivere a ragazze che puntualmente mi ignorano, ascoltare gli Underworld e indossare i pantaloni della tuta. Mi sembra di far parte del cast di un brutto remake di Goodbye Charlie Bright senza sapere come uscirne.
Anche se queste abitudini sono innegabilmente catartiche oltre che divertenti, devo ammettere che non è proprio il genere di vita che mi sarei aspettato di condurre alla mia età. Da adolescente pensavo che a quest’ora sarei stato un personaggio di Manhattan, con una florida vita sociale ravvivata dall’occasionale frequentazione dell’alta società francese e dalla visione delle retrospettive di Bergman. Non mi immaginavo sposato con dei figli, ma sicuramente non pensavo nemmeno che mi avrebbero buttato fuori dai locali perché porto i pantaloni corti.
Ora, potete starvene lì a piagnucolare per la “crisi della mascolinità,” per la “paura dei legami,” o solo perché siete degli idioti. Ma penso che facendo così non riuscirete a capire come stanno davvero le cose. Potreste sostenere che questo malessere riguardi solo le grandi città come Londra e che i Peter Pan della periferia si siano trasferiti qui con il preciso scopo di prolungare la loro adolescenza il più possibile. Ma la verità è che anche se avete la stessa età delle persone di cui sto scrivendo e siete molto più responsabili di loro, sapete benissimo che questo grande allontanamento generazionale dall’età della maturità è un problema che esiste ovunque, e che sarà ciò che si racconterà di noi quando, un domani, qualcuno inizierà a scrivere la nostra storia. Si racconterà di come i percorsi che un tempo conducevano fuori dall’adolescenza—fatti di figli, case, lavori per cui valga la pena spaccarsi la schiena—si siano improvvisamente interrotti, lasciandoci intrappolati in un limbo di perenne immaturità.
Come molte persone che conosco, sono già più vecchio di quanto non fossero i miei genitori quando hanno avuto me. All’epoca era diverso; giunto a metà dei tuoi vent’anni arrivava quel momento in cui iniziavi ad avere delle responsabilità, in cui dovevi mettere in pausa la tua giovinezza per far nascere una piccola versione urlante di te stesso, per poi tornare a viverla anni dopo tramite una vespa, un’Audi TT, l’amante, una massaggiatrice thailandese e i documenti del divorzio.
Oggi la mia generazione è già arrivata a un terzo della sua aspettativa di vita, e molti di noi stanno scoprendo che i vent’anni sono solo un’altra fase di un prolungato periodo alcolico che non abbiamo alcun motivo di interrompere e da cui non abbiamo modo di fuggire.
Ai tempi dei miei genitori, crescere era più facile. Non riuscirci era quasi impossibile; la società ti ci costringeva, che tu lo volessi o no. Adottare uno stile di vita che andasse oltre il giocare a FIFA e il distruggersi non era impossibile. Parliamo di un periodo in cui persino chi era povero, persino chi non era andato all’università riusciva a trovare un lavoro ben pagato, comprarsi una casa, sposarsi, fare figli e assumere tutti gli stereotipi che rendono le periferie il posto insieme migliore e peggiore in cui vivere. Certo, ci riuscivano un po’ più tardi rispetto ai loro genitori e probabilmente nel frattempo si divertivano molto più di loro, eppure non solo c’era una grande pressione sociale che spingeva a conformarsi al modo di vivere tradizionale, ma quel modo di vivere risultava anche appetibile, tanto che spesso capitava che molti di loro ci finissero dentro per errore, dando vita a una generazione di primogeniti non voluti come quella di cui io stesso faccio parte.
Oggi, sono poche le persone che fanno quest’errore. Un articolo dell’Economist intitolato “The End Of The Baby Boom?” faceva notare il grande e improvviso calo delle nascite avvenuto nel Regno Unito. È stato il primo calo del tasso di natalità dal 2011, e il più grande dagli anni Settanta.
Secondo le testimonianze riportate nell’articolo, questo fenomeno sarebbe influenzato da vari fattori, ma i più importanti sono due: il mercato immobiliare folle e l’economia in crisi, che di recente sono diventati sempre più collegati l’uno all’altra. La disoccupazione è alta, gli stipendi sono bassi e le case costano tantissimo. Un altro recente articolo stimava che, per comprare casa a Londra, bisogna guadagnare almeno 120.000 euro all’anno. Va bene, stiamo parlando di Londra, ma Londra è anche la città dove vive un giovane inglese su dieci, e il posto in cui i salari sono i più alti del paese. Certo, altri posti costano meno, ma il fenomeno interessa comunque tutta la nazione. I salari sono diminuiti talmente tanto che oggi guadagnare 50.000 euro all’anno vuol dire far parte del 10 percento più ricco della popolazione. Insomma, va tutto di merda.
Certo, forse parlare di avere dei figli e una casa vuol dire avere un’idea molto tradizionale di “maturità”. Ma in un sistema economico basato quasi totalmente sui prezzi delle case, investire in un immobile è probabilmente la cosa migliore che si possa fare invece che bruciare tutto in affitti sempre più cari. E i figli rimangono una delle poche cose al mondo che ti fanno capire che la festa è finita.
Queste cose, caratteristiche dell’età adulta, non fanno per tutti. Ma il fatto che un sacco di gente non sia capace di crescere e uscire da quel periodo della vita in cui non si fa altro che svagarsela è un problema grave, molto più di quanto non lo siano un paio di idioti ubriachi che rievocano con nostalgia la loro giovinezza.
Le testimonianze di cosa accade quando si nega a una generazione la possibilità di crescere sono tutt’intorno a noi. Sono le schiere di giovani uomini e donne buttati fuori dai locali con i vestiti sporchi di vomito e i cuori pieni di rabbia, i pezzi di denti incastrati tra i sampietrini nelle zone pedonali e i 3,3 milioni di giovani inglesi che vivono ancora con i loro genitori. In pratica, sono i simboli di questa generazione incapace di crescere.
Invece di andare avanti con le nostre vite, rimaniamo ancorati a quello che conosciamo, perché trovare qualcos’altro è troppo difficile. Spendiamo la maggior parte dei nostri soldi in affitto per appartamenti che non ci piacciono, mangiamo pizza surgelata, guardiamo senza piacere qualche episodio di una nuova sit-com americana prima di affondare la faccia nel cuscino pensando a nuove scuse per non andare a lavorare. Nei fine settimana ci sfondiamo, come abbiamo fatto negli ultimi dieci anni, cercando di ignorare il fatto che questo comportamento ci fa precipitare in una profonda depressione. E lo facciamo perché è l’unica cosa che sappiamo fare. Viviamo la nostra versione personale de La grande bellezza; siamo la generazione che non sa che sarà di lei ora che è stata costretta a scegliere la realtà invece dei modelli che hanno indicato ai nostri genitori la strada per una vita tranquilla e rispettabile. Quando non hai più alcun modello da seguire, a cosa ti aggrappi per tornare alla normalità quando ti passa l’ennesima sbronza?
Se vogliamo trovare delle alternative oltre al classico “emigra o rassegnati,” dobbiamo inventarci modi alternativi per adattarci al mondo in cui siamo costretti a vivere. Sono tempi cupi, le cose vanno di merda per tutti, ma forse è il momento di cercare di fare qualcos’altro oltre a stordirci di feste fino alla mezza età.
Trovare un modo alternativo di vivere non vuol dire per forza imparare l’hawaiano e trasferirsi in una fattoria biologica. Dobbiamo cercare delle scappatoie allo stile di vita che ci hanno venduto. Diciamo di odiare il sistema che ci ha ridotti così, eppure tentiamo disperatamente di farne parte. Forse è meglio essere giovani in un mondo nuovo invece che vecchi in uno che conosciamo fino troppo bene. Mentre noi rimaniamo fermi qui, sta nascendo la prima generazione di nipoti dell’acid house. Forse è giunto il momento di trovare un nuovo modo di crescere. -Clive Martin-

 

 

2015/01/img_4286.jpg

Ho seguito,naturalmente,i fatti successi in Francia,ho osservato attentamente i video e ricercato informazioni varie. Ho avuto modo di fare interessanti chiaccherate con diverse persone che intellettualmente stimo. Premesso ciò,io credo che si faccia sempre un grosso errore,cioè quello di scegliere sempre la via più facile,nella fattispecie,condannare invece di di capire. La più classica ( e debole ) reazione umana,quando si assiste ad una cosa o evento che si disapprova o che è lontano dalle nostre idee e valori,è la immediata reazione di condanna: condannare,il pensiero più immediato e facile. Io credo che mai come in questa realtà bisogna imparare e insegnare a prendersi la forza,il coraggio e la responsabilità di cercare di capire: serve sforzo,serve tempo,ma CAPIRE è più importante che condannare; poichè capire porta alle cause ed esse portano alla verità. Se condanniamo e basta,continueremo ad illuderci e ad essere illusi e mai arriveremo al vero delle cose. Io leggo,mi informo,ascolto tutti,mi pongo domande e metto in pratica queste parole di Tiziano Terzani : < ” Dubitare è una funzione essenziale del pensiero; il dubbio è il fondo della nostra cultura. Voler togliere il dubbio dalle nostre teste è come volere togliere l’aria ai nostri polmoni. Io non pretendo affatto d’aver risposte chiare e precise ai problemi del mondo (per questo non faccio il politico), ma penso sia utile che mi si lasci dubitare delle risposte altrui e mi si lasci porre delle oneste domande ” >. La maggior parte di persone in occidente parla dell’Islam e dei musulmai senza conoscere niente di loro,credono ciecamente a quello che sentono e vedono dal loro unico insegnante: la televisione. Chi ha letto il Corano di tutte le persone che sento che tanto gli piace parlare dell’Islam!? Praticamente nessuno. Io ho letto il Corano: solo una volta e non decine di volte come invece ho letto il Vangelo,il quale conosco a memoria,ma mi è bastato per capire almeno con un pò di cognizione di causa la questione. A questo riguardo,credo sia illuminante ed esplicativo,questa lettera che Tiziano Terzani inviò ad Oriana Fallaci: ci vuole quale minuto per leggerla,ma per una volta,fate del bene a voi stessi con un pò di cultura,di sincerità,di verità. Questa lettera ci aiuta a chiarirci un pò le idee,sulla nostra bella assurda società: ma se non avete la forza e il coraggio di leggerla,allora non abbiate nemmeno la superbia e l’arroganza di intervenire su codesti argomenti,dato che non ne avete nemmeno la minima conoscenza: ma consultate il vocabolario sul significato di queste parole: Umiltà,Empatia,Compassione. Jvan Bugliani

– Lettera di Tiziano Terzani ad Oriana Fallaci: << Oriana, dalla finestra di una casa poco lontana da quella in cui anche tu sei nata, guardo le lame austere ed eleganti dei cipressi contro il cielo e ti penso a guardare, dalle tue finestre a New York, il panorama dei grattacieli da cui ora mancano le Torri Gemelle. Mi torna in mente un pomeriggio di tanti, tantissimi anni fa quando assieme facemmo una lunga passeggiata per le stradine di questi nostri colli argentati dagli ulivi. Io mi affacciavo, piccolo, alla professione nella quale tu eri già grande e tu proponesti di scambiarci delle “Lettere da due mondi diversi”: io dalla Cina dell’immediato dopo-Mao in cui andavo a vivere, tu dall’America. Per colpa mia non lo facemmo. Ma è in nome di quella tua generosa offerta di allora, e non certo per coinvolgerti ora in una corrispondenza che tutti e due vogliamo evitare, che mi permetto di scriverti.
Davvero mai come ora, pur vivendo sullo stesso pianeta, ho l’impressione di stare in un mondo assolutamente diverso dal tuo. Ti scrivo anche – e pubblicamente per questo – per non far sentire troppo soli quei lettori che forse, come me, sono rimasti sbigottiti dalle tue invettive, quasi come dal crollo delle due Torri. Là morivano migliaia di persone e con loro il nostro senso di sicurezza; nelle tue parole sembra morire il meglio della testa umana – la ragione; il meglio del cuore – la compassione.
Il tuo sfogo mi ha colpito, ferito e mi ha fatto pensare a Karl Kraus. “Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia”, scrisse, disperato dal fatto che, dinanzi all’indicibile orrore della Prima Guerra Mondiale, alla gente non si fosse paralizzata la lingua. Al contrario, gli si era sciolta, creando tutto attorno un assurdo e confondente chiacchierio. Tacere per Kraus significava riprendere fiato, cercare le parole giuste, riflettere prima di esprimersi. Lui usò di quel consapevole silenzio per scrivere ‘Gli ultimi giorni dell’umanita’, un’opera che sembra essere ancora di un’inquietante attualità.
Pensare quel che pensi e scriverlo è un tuo diritto. Il problema è però che, grazie alla tua notorietà, la tua brillante lezione di intolleranza arriva ora anche nelle scuole, influenza tanti giovani e questo mi inquieta. Il nostro di ora è un momento di straordinaria importanza. L’orrore indicibile è appena cominciato, ma è ancora possibile fermarlo facendo di questo momento una grande occasione di ripensamento. E un momento anche di enorme responsabilità perchè certe concitate parole, pronunciate dalle lingue sciolte, servono solo a risvegliare i nostri istinti più bassi, ad aizzare la bestia dell’odio che dorme in ognuno di noi ed a provocare quella cecità delle passioni che rende pensabile ogni misfatto e permette, a noi come ai nostri nemici, il suicidarsi e l’uccidere. “Conquistare le passioni mi pare di gran lunga più difficile che conquistare il mondo con la forza delle armi. Ho ancora un difficile cammino dinanzi a me”, scriveva nel 1925 quella bell’anima di Gandhi. Ed aggiungeva: “Finché l’uomo non si metterà di sua volontà all’ultimo posto fra le altre creature sulla terra, non ci sarà per lui alcuna salvezza”.
E tu, Oriana, mettendoti al primo posto di questa crociata contro tutti quelli che non sono come te o che ti sono antipatici, credi davvero di offrirci salvezza? La salvezza non è nella tua rabbia accalorata, né nella calcolata campagna militare chiamata, tanto per rendercela più accettabile, “Libertà duratura”. O tu pensi davvero che la violenza sia il miglior modo per sconfiggere la violenza? Da che mondo è mondo non c’è stata ancora la guerra che ha messo fine a tutte le guerre. Non lo sarà nemmeno questa.
Quel che ci sta succedendo è nuovo. Il mondo ci sta cambiando attorno. Cambiamo allora il nostro modo di pensare, il nostro modo di stare al mondo. E una grande occasione. Non perdiamola: rimettiamo in discussione tutto, immaginiamoci un futuro diverso da quello che ci illudevamo d’aver davanti prima dell’11 settembre e soprattutto non arrendiamoci alla inevitabilità di nulla, tanto meno all’inevitabilità della guerra come strumento di giustizia o semplicemente di vendetta. Le guerre sono tutte terribili. Il moderno affinarsi delle tecniche di distruzione e di morte le rendono sempre più tali. Pensiamoci bene: se noi siamo disposti a combattere la guerra attuale con ogni arma a nostra disposizione, compresa quella atomica, come propone il Segretario alla Difesa americano, allora dobbiamo aspettarci che anche i nostri nemici, chiunque essi siano, saranno ancor più determinati di prima a fare lo stesso, ad agire senza regole, senza il rispetto di nessun principio. Se alla violenza del loro attacco alle Torri Gemelle noi risponderemo con una ancor più terribile violenza – ora in Afghanistan, poi in Iraq, poi chi sa dove -, alla nostra ne seguirà necessariamente una loro ancora più orribile e poi un’altra nostra e così via.
Perché non fermarsi prima? Abbiamo perso la misura di chi siamo, il senso di quanto fragile ed interconnesso sia il mondo in cui viviamo, e ci illudiamo di poter usare una dose, magari “intelligente”, di violenza per mettere fine alla terribile violenza altrui. Cambiamo illusione e, tanto per cominciare, chiediamo a chi fra di noi dispone di armi nucleari, armi chimiche e armi batteriologiche – Stati Uniti in testa – d’impegnarsi solennemente con tutta l’umanità a non usarle mai per primo, invece di ricordarcene minacciosamente la disponibilità. Sarebbe un primo passo in una nuova direzione. Non solo questo darebbe a chi lo fa un vantaggio morale – di per sé un’arma importante per il futuro -, ma potrebbe anche disinnescare l’orrore indicibile ora attivato dalla reazione a catena della vendetta.
In questi giorni ho ripreso in mano un bellissimo libro (peccato che non sia ancora in italiano) di un vecchio amico, uscito due anni fa in Germania. Il libro si intitola Die Kunst, nicht regiert zu werden: ethische Politik von Sokrates bis Mozart (L’arte di non essere governati: l’etica politica da Socrate a Mozart). L’autore è Ekkehart Krippendorff, che ha insegnato per anni a Bologna prima di tornare all’Università di Berlino. La affascinante tesi di Krippendorff è che la politica, nella sua espressione più nobile, nasce dal superamento della vendetta e che la cultura occidentale ha le sue radici più profonde in alcuni miti, come quello di Caino e quello delle Erinni, intesi da sempre a ricordare all’uomo la necessità di rompere il circolo vizioso della vendetta per dare origine alla civiltà. Caino uccide il fratello, ma Dio impedisce agli uomini di vendicare Abele e, dopo aver marchiato Caino – un marchio che è anche una protezione – lo condanna all’esilio dove quello fonda la prima città. La vendetta non è degli uomini, spetta a Dio. Secondo Krippendorff il teatro, da Eschilo a Shakespeare, ha avuto una funzione determinante nella formazione dell’uomo occidentale perchè col suo mettere sulla scena tutti i protagonisti di un conflitto, ognuno col suo punto di vista, i suoi ripensamenti e le sue possibili scelte di azione, il teatro è servito a far riflettere sul senso delle passioni e sulla inutilità della violenza che non raggiunge mai il suo fine.
Purtroppo, oggi, sul palcoscenico del mondo noi occidentali siamo insieme i soli protagonisti ed i soli spettatori, e così, attraverso le nostre televisioni ed i nostri giornali, non ascoltiamo che le nostre ragioni, non proviamo che il nostro dolore. A te, Oriana, i kamikaze non interessano. A me tanto invece. Ho passato giorni in Sri Lanka con alcuni giovani delle “Tigri Tamil”, votati al suicidio. Mi interessano i giovani palestinesi di “Hamas” che si fanno saltare in aria nelle pizzerie israeliane. Un po’ di pietà sarebbe forse venuta anche a te se in Giappone, sull’isola di Kyushu, tu avessi visitato Chiran, il centro dove i primi kamikaze vennero addestrati e tu avessi letto le parole, a volte poetiche e tristissime, scritte segretamente prima di andare, riluttanti, a morire per la bandiera e per l’Imperatore. I kamikaze mi interessano perchè vorrei capire che cosa li rende così disposti a quell’innaturale atto che è il suicidio e che cosa potrebbe fermarli.
Quelli di noi a cui i figli – fortunatamente – sono nati, si preoccupano oggi moltissimo di vederli bruciare nella fiammata di questo nuovo, dilagante tipo di violenza di cui l’ecatombe nelle Torri Gemelle potrebbe essere solo un episodio. Non si tratta di giustificare, di condonare, ma di capire. Capire, perchè io sono convinto che il problema del terrorismo non si risolverà uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali.
Niente nella storia umana è semplice da spiegare e fra un fatto ed un altro c’è raramente una correlazione diretta e precisa. Ogni evento, anche della nostra vita, è il risultato di migliaia di cause che producono, assieme a quell’evento, altre migliaia di effetti, che a loro volta sono le cause di altre migliaia di effetti. L’attacco alle Torri Gemelle è uno di questi eventi: il risultato di tanti e complessi fatti antecedenti. Certo non è l’atto di “una guerra di religione” degli estremisti musulmani per la conquista delle nostre anime, una Crociata alla rovescia, come la chiami tu, Oriana. Non è neppure “un attacco alla libertà ed alla democrazia occidentale”, come vorrebbe la semplicistica formula ora usata dai politici. Un vecchio accademico dell’Università di Berkeley, un uomo certo non sospetto di anti-americanismo o di simpatie sinistrorse da’ di questa storia una interpretazione completamente diversa. “Gli assassini suicidi dell’11 settembre non hanno attaccato l’America: hanno attaccato la politica estera americana”, scrive Chalmers Johnson nel numero di The Nation del 15 ottobre. Per lui, autore di vari libri – l’ultimo, Blowback, contraccolpo, uscito l’anno scorso (in Italia edito da Garzanti, ndr) ha del profetico – si tratterebbe appunto di un ennesimo “contraccolpo” al fatto che, nonostante la fine della Guerra Fredda e lo sfasciarsi dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno mantenuto intatta la loro rete imperiale di circa 800 installazioni militari nel mondo. Con una analisi che al tempo della Guerra Fredda sarebbe parsa il prodotto della disinformazione del Kgb, Chalmers Johnson fa l’elenco di tutti gli imbrogli, complotti, colpi di Stato, delle persecuzioni, degli assassinii e degli interventi a favore di regimi dittatoriali e corrotti nei quali gli Stati Uniti sono stati apertamente o clandestinamente coinvolti in America Latina, in Africa, in Asia e nel Medio Oriente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi.
Il “contraccolpo” dell’attacco alle Torri Gemelle ed al Pentagono avrebbe a che fare con tutta una serie di fatti di questo tipo: fatti che vanno dal colpo di Stato ispirato dalla Cia contro Mossadeq nel 1953, seguito dall’installazione dello Shah in Iran, alla Guerra del Golfo, con la conseguente permanenza delle truppe americane nella penisola araba, in particolare l’Arabia Saudita dove sono i luoghi sacri dell’Islam. Secondo Johnson sarebbe stata questa politica americana “a convincere tanta brava gente in tutto il mondo islamico che gli Stati Uniti sono un implacabile nemico”. Così si spiegherebbe il virulento anti-americanismo diffuso nel mondo musulmano e che oggi tanto sorprende gli Stati Uniti ed i loro alleati.
Esatta o meno che sia l’analisi di Chalmers Johnson, è evidente che al fondo di tutti i problemi odierni degli americani e nostri nel Medio Oriente c’è, a parte la questione israeliano-palestinese, la ossessiva preoccupazione occidentale di far restare nelle mani di regimi “amici”, qualunque essi fossero, le riserve petrolifere della regione. Questa è stata la trappola. L’occasione per uscirne è ora. Perchè non rivediamo la nostra dipendenza economica dal petrolio? Perchè non studiamo davvero, come avremmo potuto già fare da una ventina d’anni, tutte le possibili fonti alternative di energia? Ci eviteremmo così d’essere coinvolti nel Golfo con regimi non meno repressivi ed odiosi dei talebani; ci eviteremmo i sempre più disastrosi “contraccolpi” che ci verranno sferrati dagli oppositori a quei regimi, e potremmo comunque contribuire a mantenere un migliore equilibrio ecologico sul pianeta. Magari salviamo così anche l’Alaska che proprio un paio di mesi fa è stata aperta ai trivellatori, guarda caso dal presidente Bush, le cui radici politiche – tutti lo sanno – sono fra i petrolieri.
A proposito del petrolio, Oriana, sono certo che anche tu avrai notato come, con tutto quel che si sta scrivendo e dicendo sull’Afghanistan, pochissimi fanno notare che il grande interesse per questo paese è legato al fatto d’essere il passaggio obbligato di qualsiasi conduttura intesa a portare le immense risorse di metano e petrolio dell’Asia Centrale (vale a dire di quelle repubbliche ex-sovietiche ora tutte, improvvisamente, alleate con gli Stati Uniti) verso il Pakistan, l’India e da lì nei paesi del Sud Est Asiatico. Il tutto senza dover passare dall’Iran. Nessuno in questi giorni ha ricordato che, ancora nel 1997, due delegazioni degli “orribili” talebani sono state ricevute a Washington (anche al Dipartimento di Stato) per trattare di questa faccenda e che una grande azienda petrolifera americana, la Unocal, con la consulenza niente di meno che di Henry Kissinger, si è impegnata col Turkmenistan a costruire quell’oleodotto attraverso l’Afghanistan.
E dunque possibile che, dietro i discorsi sulla necessità di proteggere la libertà e la democrazia, l’imminente attacco contro l’Afghanistan nasconda anche altre considerazioni meno altisonanti, ma non meno determinanti. E per questo che nell’America stessa alcuni intellettuali cominciano a preoccuparsi che la combinazione fra gli interessi dell’industria petrolifera con quelli dell’industria bellica – combinazione ora prominentemente rappresentata nella compagine al potere a Washington – finisca per determinare in un unico senso le future scelte politiche americane nel mondo e per limitare all’interno del paese, in ragione dell’emergenza anti-terrorismo, i margini di quelle straordinarie libertà che rendono l’America così particolare. Il fatto che un giornalista televisivo americano sia stato redarguito dal pulpito della Casa Bianca per essersi chiesto se l’aggettivo “codardi”, usato da Bush, fosse appropriato per i terroristi-suicidi, così come la censura di certi programmi e l’allontanamento da alcuni giornali, di collaboratori giudicati non ortodossi, hanno aumentato queste preoccupazioni.
L’aver diviso il mondo in maniera – mi pare – “talebana”, fra “quelli che stanno con noi e quelli contro di noi”, crea ovviamente i presupposti per quel clima da caccia alle streghe di cui l’America ha già sofferto negli anni Cinquanta col maccartismo, quando tanti intellettuali, funzionari di Stato ed accademici, ingiustamente accusati di essere comunisti o loro simpatizzanti, vennero perseguitati, processati e in moltissimi casi lasciati senza lavoro. Il tuo attacco, Oriana – anche a colpi di sputo – alle “cicale” ed agli intellettuali “del dubbio” va in quello stesso senso. Dubitare è una funzione essenziale del pensiero; il dubbio è il fondo della nostra cultura. Voler togliere il dubbio dalle nostre teste è come volere togliere l’aria ai nostri polmoni. Io non pretendo affatto d’aver risposte chiare e precise ai problemi del mondo (per questo non faccio il politico), ma penso sia utile che mi si lasci dubitare delle risposte altrui e mi si lasci porre delle oneste domande.
In questi tempi di guerra non deve essere un crimine parlare di pace. Purtroppo anche qui da noi, specie nel mondo “ufficiale” della politica e dell’establishment mediatico, c’è stata una disperante corsa alla ortodossia. E come se l’America ci mettesse già paura. Capita così di sentir dire in televisione a un post-comunista in odore di una qualche carica nel suo partito, che il soldato Ryan è un importante simbolo di quell’America che per due volte ci ha salvato. Ma non c’era anche lui nelle marce contro la guerra americana in Vietnam? Per i politici – me ne rendo conto – è un momento difficilissimo. Li capisco e capisco ancor più l’angoscia di qualcuno che, avendo preso la via del potere come una scorciatoia per risolvere un piccolo conflitto di interessi terreni si ritrova ora alle prese con un enorme conflitto di interessi divini, una guerra di civiltà combattuta in nome di Iddio e di Allah. No. Non li invidio, i politici.
Siamo fortunati noi, Oriana. Abbiamo poco da decidere e non trovandoci in mezzo ai flutti del fiume, abbiamo il privilegio di poter stare sulla riva a guardare la corrente. Ma questo ci impone anche grandi responsabilità come quella, non facile, di andare dietro alla verità e di dedicarci soprattutto “a creare campi di comprensione, invece che campi di battaglia“, come ha scritto Edward Said, professore di origine palestinese ora alla Columbia University, in un saggio sul ruolo degli intellettuali uscito proprio una settimana prima degli attentati in America. Il nostro mestiere consiste anche nel semplificare quel che è complicato. Ma non si può esagerare, Oriana, presentando Arafat come la quintessenza della doppiezza e del terrorismo ed indicando le comunità di immigrati musulmani da noi come incubatrici di terroristi. Le tue argomentazioni verranno ora usate nelle scuole contro quelle buoniste, da libro Cuore, ma tu credi che gli italiani di domani, educati a questo semplicismo intollerante, saranno migliori? Non sarebbe invece meglio che imparassero, a lezione di religione, anche che cosa è l’Islam? Che a lezione di letteratura leggessero anche Rumi o il da te disprezzato Omar Kayan? Non sarebbe meglio che ci fossero quelli che studiano l’arabo, oltre ai tanti che già studiano l’inglese e magari il giapponese?
Lo sai che al ministero degli Esteri di questo nostro paese affacciato sul Mediterraneo e sul mondo musulmano, ci sono solo due funzionari che parlano arabo? Uno attualmente è, come capita da noi, console ad Adelaide in Australia. Mi frulla in testa una frase di Toynbee: “Le opere di artisti e letterati hanno vita più lunga delle gesta di soldati, di statisti e mercanti. I poeti ed i filosofi vanno più in là degli storici. Ma i santi e i profeti valgono di più di tutti gli altri messi assieme”. Dove sono oggi i santi ed i profeti? Davvero, ce ne vorrebbe almeno uno! Ci rivorrebbe un San Francesco. Anche i suoi erano tempi di crociate, ma il suo interesse era per “gli altri”, per quelli contro i quali combattevano i crociati. Fece di tutto per andarli a trovare. Ci provò una prima volta, ma la nave su cui viaggiava naufragò e lui si salvò a malapena. Ci provò una seconda volta, ma si ammalò prima di arrivare e tornò indietro. Finalmente, nel corso della quinta crociata, durante l’assedio di Damietta in Egitto, amareggiato dal comportamento dei crociati (“vide il male ed il peccato”), sconvolto da una spaventosa battaglia di cui aveva visto le vittime, San Francesco attraversò le linee del fronte. Venne catturato, incatenato e portato al cospetto del Sultano. Peccato che non c’era ancora la Cnn – era il 1219 – perchè sarebbe interessantissimo rivedere oggi il filmato di quell’incontro. Certo fu particolarissimo perchè, dopo una chiacchierata che probabilmente andò avanti nella notte, al mattino il Sultano lasciò che San Francesco tornasse, incolume, all’accampamento dei crociati.
Mi diverte pensare che l’uno disse all’altro le sue ragioni, che San Francesco parlò di Cristo, che il Sultano lesse passi del Corano e che alla fine si trovarono d’accordo sul messaggio che il poverello di Assisi ripeteva ovunque: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Mi diverte anche immaginare che, siccome il frate sapeva ridere come predicare, fra i due non ci fu aggressività e che si lasciarono di buon umore sapendo che comunque non potevano fermare la storia. Ma oggi? Non fermarla può voler dire farla finire.
Ti ricordi, Oriana, Padre Balducci che predicava a Firenze quando noi eravamo ragazzi? Riguardo all’orrore dell’olocausto atomico pose una bella domanda: “La sindrome da fine del mondo, l’alternativa fra essere e non essere, hanno fatto diventare l’uomo più umano?”. A guardarsi intorno la risposta mi pare debba essere “No”. Ma non possiamo rinunciare alla speranza. “Mi dica, che cosa spinge l’uomo alla guerra?”, chiedeva Albert Einstein nel 1932 in una lettera a Sigmund Freud. “E possibile dirigere l’evoluzione psichica dell’uomo in modo che egli diventi più capace di resistere alla psicosi dell’odio e della distruzione?” Freud si prese due mesi per rispondergli. La sua conclusione fu che c’era da sperare: l’influsso di due fattori – un atteggiamento più civile, ed il giustificato timore degli effetti di una guerra futura – avrebbe dovuto mettere fine alle guerre in un prossimo avvenire. Giusto in tempo la morte risparmiò a Freud gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Non li risparmiò invece ad Einstein, che divenne però sempre più convinto della necessità del pacifismo. Nel 1955, poco prima di morire, dalla sua casetta di Princeton in America dove aveva trovato rifugio, rivolse all’umanità un ultimo appello per la sua sopravvivenza: “Ricordatevi che siete uomini e dimenticatevi tutto il resto“.
Per difendersi, Oriana, non c’è bisogno di offendere (penso ai tuoi sputi ed ai tuoi calci). Per proteggersi non c’è bisogno d’ammazzare. Ed anche in questo possono esserci delle giuste eccezioni. M’è sempre piaciuta nei Jataka, le storie delle vite precedenti di Buddha, quella in cui persino lui, epitome della non violenza, in una incarnazione anteriore uccide. Viaggia su una barca assieme ad altre 500 persone. Lui, che ha già i poteri della preveggenza, “vede” che uno dei passeggeri, un brigante, sta per ammazzare tutti e derubarli e lui lo previene buttandolo nell’acqua ad affogare per salvare gli altri. Essere contro la pena di morte non vuol dire essere contro la pena in genere ed in favore della libertà di tutti i delinquenti. Ma per punire con giustizia occorre il rispetto di certe regole che sono il frutto dell’incivilimento, occorre il convincimento della ragione, occorrono delle prove. I gerarchi nazisti furono portati dinanzi al Tribunale di Norimberga; quelli giapponesi responsabili di tutte le atrocità commesse in Asia, furono portati dinanzi al Tribunale di Tokio prima di essere, gli uni e gli altri, dovutamente impiccati. Le prove contro ognuno di loro erano schiaccianti. Ma quelle contro Osama Bin Laden? “Noi abbiamo tutte le prove contro Warren Anderson, presidente della Union Carbide. Aspettiamo che ce lo estradiate”, scrive in questi giorni dall’India agli americani, ovviamente a mo’ di provocazione, Arundhati Roy, la scrittrice de Il Dio delle piccole cose: una come te, Oriana, famosa e contestata, amata ed odiata. Come te, sempre pronta a cominciare una rissa, la Roy ha usato della discussione mondiale su Osama Bin Laden per chiedere che venga portato dinanzi ad un tribunale indiano il presidente americano della Union Carbide responsabile dell’esplosione nel 1984 nella fabbrica chimica di Bhopal in India che fece 16.000 morti. Un terrorista anche lui? Dal punto di vista di quei morti forse si.
L’immagine del terrorista che ora ci viene additata come quella del “nemico” da abbattere è il miliardario saudita che, da una tana nelle montagne dell’Afghanistan, ordina l’attacco alle Torri Gemelle; è l’ingegnere-pilota, islamista fanatico, che in nome di Allah uccide se stesso e migliaia di innocenti; è il ragazzo palestinese che con una borsetta imbottita di dinamite si fa esplodere in mezzo ad una folla. Dobbiamo però accettare che per altri il “terrorista” possa essere l’uomo d’affari che arriva in un paese povero del Terzo Mondo con nella borsetta non una bomba, ma i piani per la costruzione di una fabbrica chimica che, a causa di rischi di esplosione ed inquinamento, non potrebbe mai essere costruita in un paese ricco del Primo Mondo. E la centrale nucleare che fa ammalare di cancro la gente che ci vive vicino? E la diga che disloca decine di migliaia di famiglie? O semplicemente la costruzione di tante piccole industrie che cementificano risaie secolari, trasformando migliaia di contadini in operai per produrre scarpe da ginnastica o radioline, fino al giorno in cui è più conveniente portare quelle lavorazioni altrove e le fabbriche chiudono, gli operai restano senza lavoro e non essendoci più i campi per far crescere il riso, muoiono di fame?
Questo non è relativismo. Voglio solo dire che il terrorismo, come modo di usare la violenza, può esprimersi in varie forme, a volte anche economiche, e che sarà difficile arrivare ad una definizione comune del nemico da debellare. I governi occidentali oggi sono uniti nell’essere a fianco degli Stati Uniti; pretendono di sapere esattamente chi sono i terroristi e come vanno combattuti. Molto meno convinti però sembrano i cittadini dei vari paesi. Per il momento non ci sono state in Europa dimostrazioni di massa per la pace; ma il senso del disagio è diffuso così come è diffusa la confusione su quel che si debba volere al posto della guerra. “Dateci qualcosa di più carino del capitalismo“, diceva il cartello di un dimostrante in Germania. “Un mondo giusto non è mai NATO“, c’era scritto sullo striscione di alcuni giovani che marciavano giorni fa a Bologna. Già. Un mondo “più giusto” è forse quel che noi tutti, ora più che mai, potremmo pretendere. Un mondo in cui chi ha tanto si preoccupa di chi non ha nulla; un mondo retto da principi di legalità ed ispirato ad un po’ più di moralità.
La vastissima, composita alleanza che Washington sta mettendo in piedi, rovesciando vecchi schieramenti e riavvicinando paesi e personaggi che erano stati messi alla gogna, solo perchè ora tornano comodi, è solo l’ennesimo esempio di quel cinismo politico che oggi alimenta il terrorismo in certe aree del mondo e scoraggia tanta brava gente nei nostri paesi. Gli Stati Uniti, per avere la maggiore copertura possibile e per dare alla guerra contro il terrorismo un crisma di legalità internazionale, hanno coinvolto le Nazioni Unite, eppure gli Stati Uniti stessi rimangono il paese più reticente a pagare le proprie quote al Palazzo di Vetro, sono il paese che non ha ancora ratificato né il trattato costitutivo della Corte Internazionale di Giustizia, né il trattato per la messa al bando delle mine anti-uomo e tanto meno quello di Kyoto sulle mutazioni climatiche. L’interesse nazionale americano ha la meglio su qualsiasi altro principio. Per questo ora Washington riscopre l’utilità del Pakistan, prima tenuto a distanza per il suo regime militare e punito con sanzioni economiche a causa dei suoi esperimenti nucleari; per questo la Cia sarà presto autorizzata di nuovo ad assoldare mafiosi e gangster cui affidare i “lavoretti sporchi”, di liquidare qua e là nel mondo le persone che la Cia stessa metterà sulla sua lista nera.
Eppure un giorno la politica dovrà ricongiungersi con l’etica se vorremo vivere in un mondo migliore: migliore in Asia come in Africa, a Timbuctu come a Firenze. A proposito, Oriana. Anche a me ogni volta che, come ora, ci passo, questa città mi fa male e mi intristisce. Tutto è cambiato, tutto è involgarito. Ma la colpa non è dell’Islam o degli immigrati che ci si sono installati. Non son loro che han fatto di Firenze una città bottegaia, prostituita al turismo! E successo dappertutto. Firenze era bella quando era più piccola e più povera. Ora è un obbrobrio, ma non perchè i musulmani si attendano in Piazza del Duomo, perchè i filippini si riuniscono il giovedì in Piazza Santa Maria Novella e gli albanesi ogni giorno attorno alla stazione. E così perchè anche Firenze s’é “globalizzata”, perchè non ha resistito all’assalto di quella forza che, fino ad ieri, pareva irresistibile: la forza del mercato. Nel giro di due anni da una bella strada del centro in cui mi piaceva andare a spasso è scomparsa una libreria storica, un vecchio bar, una tradizionalissima farmacia ed un negozio di musica. Per far posto a che? A tanti negozi di moda. ” nmmCredimi, anch’io non mi ci ritrovo più. Per questo sto, anch’io ritirato, in una sorta di baita nell’Himalaya indiana dinanzi alle più divine montagne del mondo. Passo ore, da solo, a guardarle, lì maestose ed immobili, simbolo della più grande stabilità, eppure anche loro, col passare delle ore, continuamente diverse e impermanenti come tutto in questo mondo.
La natura è una grande maestra, Oriana, e bisogna ogni tanto tornarci a prendere lezione. Tornaci anche tu. Chiusa nella scatola di un appartamento dentro la scatola di un grattacielo, con dinanzi altri grattacieli pieni di gente inscatolata, finirai per sentirti sola davvero; sentirai la tua esistenza come un accidente e non come parte di un tutto molto, molto più grande di tutte le torri che hai davanti e di quelle che non ci sono più. Guarda un filo d’erba al vento e sentiti come lui. Ti passerà anche la rabbia. Ti saluto, Oriana e ti auguro di tutto cuore di trovare pace. Perchè se quella non è dentro di noi non sarà mai da nessuna parte. >>

2015/01/img_4268.jpg

2015/01/img_4266.jpg

2015/01/img_4233-2.jpg
Ed ecco arrivata la fine del mio ritiro spirituale all’eremo dei miei Amici eremiti. Devo dire che è straordinario avere Amici che mi vogliono e mi accolgono sempre a braccia aperte e senza mai pretendere o aspettarsi nulla in cambio ( un miracolo al giorno d’oggi ) . Il loro esempio di vita per me è fonte di grande ispirazione: la loro vita si basa fondamentalmente sull’autarchia,sull’onestà,sulla verità,su l’umiltà e sopra ogni cosa,la contemplazione,il rapporto stretto con Dio,Gesù e Maria. Vivere un pò di giorni con loro è stato rigenerante,sia a livello spirituale,ma anche fisico ( visto che sono vegetariani e ho constatato che mangiare vegetariano per il mio corpo è un vero toccasana: più leggero,meno appesantito,ma comunque sazio ).
Abbiamo fatto diverse chiaccherate,profonde ed edificanti,cosa straordinaria,visto che nel luogo dove vivo non avvengono mai con quasi nessuno.
Ho letto molte pagine di libri interessanti ed antichi,fatto passeggiate nei boschi e meditazioni sulla neve: ho gustato il silenzio,la pace e la contemplazione della cella e mi sono addormentato al suono della legna che bruciava nella piccola,antica stufa in ghisa che è in ogni cella.
Mi svegliavo insieme agli altri,ogni notte alle 03.30 del mattino per le prime preghiere del notturno; un atto,un momento nel cuore della notte così intenso che è difficile da spiegare,poichè bisogna capire e vivere questo contesto.
Il lavoro manuale al mattino; io solitamente ero l’addetto ai boschi,tagliare la legna,rifare qualche muretto caduto ecc, e invece no! Queste volta l’abate,il mio maestro spirituale,Fra Mario,mi ha voluto sperimentare da un’altra parte,cioè in cucina. Quante risate che mi sono fatto con Fra Lorenzo,Fra Marco,Davide e Roberto,visto che io in cucina non è che sono molto ferrato,se non per le cose basilari; comunque è andata bene e ho anche imparato a fare la peperonata e il minestrone,cosa che prima non sapevo e quando imparo qualcosa di nuovo sono sempre molto felice. È rimasto contento anche Frà Mario,dice che sono polivalente e che bisogna essere così,anche se io personalmente preferisco quando devo lavorare nel bosco.
Ho imparato molto,anche sul combattimento spirituale,inevitabile se non si vuole essere schiavi di questa società che ci induce a vivere tutti senza valori e senza fedeltà. Mi torna alla mente due frasi di San Bernardo di Chiaravalle,nel suo scritto dedicato a Ugo de Payns. Vi si afferma: < Per il cristiano il pericolo o la vittoria vengono giudicati non dal successo delle azioni ma dalla disposizione del cuore >.
E: < Se la causa per la quale si combatte è buona,l’esito della battaglia non potrà essere cattivo. Allo stesso modo non sarà stimata buona conclusione quella che non sia stata preceduta da una buona causa e da una retta intenzione>. Ci sono molti combattimenti da fare al giorno d’oggi per un cristiano,uno su tutti,combattere per la Verità,in un mondo menzoniero. Un mondo che anche tramite i mass media vuole oscurare i buoni,giusti valori ( come la famiglia,il matrimonio,la fedeltà,la serietà,l’amore ) e mettere al loro posto un liberismo che alla fine tradisce tutti,non soddifa mai fino in fondo e non fa altro che lasciare vuoti sempre più incolmabili. Se tutti vogliono tutto,senza rinunciare a niente,alla fine si finisce che tutti non si ha niente. Ecco il risultato del liberismo attuale.
Oltre a questo,devo essere estremamente riconoscente a Frà Daniele,il più giovane ( 40 anni ); la chiaccherata con lui è stata illuminante,visto che abbiamo avuto una vita simile. Lui prima di cambiare vita,era un ragazzo nella media,con moto,goliardate con gli amici,macchine,fidanzata ( stava quasi per sposarsi ),ha comprato una casa nuova nella quale ha dormito solo una notte,viaggi ecc : la sua testimonianza per me è stata straordinaria,probabilmente è l’uomo più coraggioso ( coraggio nel scegliere di cambiare vita e coraggio di seguire la chiamata di Gesù ) e saggio che conosco dopo Fra Mario e Fra Lorenzo.
E così,anche questa ennesima avventura all’eremo,dai miei grandi veri Amici eremiti ( ormai una seconda famiglia ) è giunta al termine,ma spero, a Dio piacendo,che non sarà l’ultima. In un mondo e in una umanità moralmente e spiritualmente nel caos; almeno ho un angolo pulito,una piccola parte di paradiso dove andare a ripulirmi e a ricaricarmi di energia pulita, per non essere inghiottito e schiavizzato dalla realtà quotidiana.

P.S. Una piccola riflessione che ho scritto ieri nel bosco vicino l’eremo:
” Appena finito Una stupenda meditazione davanti questo magnifico panorama. Oggi è Il mio ultimo giorno di ritiro spirituale qui Dai miei amici eremiti. Come sempre tutto è stato magico,Vero. Tra le altre cose,ho capito la differenza tra “meditare per cercare Dio” e
meditare per cercare l’Io ( cioè se stessi )”. Meditare per cercare l’io,porta troppo facilmente alla vanità,all’ego,all’orgoglio,all’egoismo,alle illusioni e alla superbia; semplicemente perchè SI mette l’Io al primo posto e Dio al secondo: così è molto difficile arrivare alla pace interiore e spesso si ha la sensazione di non essere Mai pienamente soddisfatti. Invece,meditare per cercare Dio,porta all’Umiltà e l’umiltà porta a Dio e Lui porta la pace nel cuore e la pace fà trovate l’io,cioè l’essenza di sé. Dio al primo posto e l’Io al secondo,ecco la via da seguire per chi vuole fare un cammino spirituale in spirito di Verità. Una piccola cosa che ho imparato. Ora lascio Il bosco e torno all’eremo che tra queste montagne ghiaccia presto. Jvan Bugliani ”

2015/01/img_4235-0.jpg

20140803-165311-60791842.jpg
Il problema dell’essere umano è il suo ego,la sua vanità, che sfocia nel più cieco egoismo,il quale lo porta a conquistare,tradire e distruggere in un ciclo che si ripete lungo la storia. Solo cambiando noi stessi,possiamo riuscire a cambiare la nostra società e il suo/nostro declino spirituale e morale. Incominciare ad osservare la realtà senza illudersi o dare qualcosa per scontato: incominciare a ripudiare ogni forma di disonestà,menzogna,falsità e ambiguità. Incominciare a fare chiarezza dentro e fuori di noi ed eliminare ombre e cose poco chiare. Scegliere la strada del giusto,che si basa sul rispetto,sull’Amore,sull’onestà. Ridare valore alla Verità,all’onestà,alla giustizia ( soprattutto essere forti e risoluti nel valore dell’onestà e della giustizia ),alla famiglia tradizionale,al matrimonio e ripudiare con determinazione questo puttanaio morale che si stà sviluppando,fatto di superficialità,promisquità,tradimenti e famiglie falsate e distrutte dall’egoismo e dalla lussuria del singolo. Rispettare la nostra madre Terra,la quale senza i suoi frutti avremmo ben pochi giorni di vita. Gandhi disse: ” Diventa il cambiamento che vuoi vedere “. Ecco,se vogliamo una realtà più vera,onesta,pulita,dobbiamo prima diventare così noi stessi: combattere le iniquità dentro e fuori di noi e non essere complici di persone disoneste,false ed ambigue. Fare chiarezza è più che opportuno,è necessario. Ma tutto questo non potrà mai accadere se non eliminiamo il nostro cieco orgoglio,il nostro egoismo,le nostre illusioni,la nostra superbia e la nostra vanità. Solo imparando l’umiltà,potremmo,forse,cambiare.

Jvan Bugliani

20140803-165524-60924380.jpg

20140510-121029.jpg

Io credo che ci sia un progetto occulto da parte di satana e i suoi seguaci ,al fine di distruggere il concetto di Vero Amore e la famiglia tradizionale. Distrutti questi due elementi,ottengono ciò che hanno sempre voluto: anime per il loro inferno e caos ( morale ) sulla terra. Tuttavia c’è un risveglio spirituale e di consapevolezza in atto: satana e i suoi seguaci vinceranno ancora diverse battaglie,molte persone ancora ci cascheranno e saranno ingannate,ma alla fine il loro progetto fallirà.

Jvan Bugliani

COME VINCERE IL MALIGNO – Don Gabriele Amorth

Se rileggiamo gli abbondantissimi passi in cui la Madonna a Medjugorje ci mette in guardia da satana, ci accorgiamo che vengono anche indicati i rimedi per vincerlo. Sono i rimedi che troviamo puntualmente nella Parola di Dio: lì c’è tutto. Incominciamo ricordando che l’azione del maligno (è questo il termine preferito dal Nuovo Testamento per indicare i demoni) ha due aspetti: c’è un’azione ordinaria a cui tutti siamo soggetti. Anche Gesù, volendo essere in tutto simile a noi, tranne che nel peccato, ha accettato di subire l’azione ordinaria del demonio, ossia le tentazioni. Come vincerle? Gesù stesso ci indica i due mezzi indispensabili: “Vigilate e pregate per non cadere in tentazione” (Matteo 26,41). In tutti i suoi messaggi la Regina della Pace ci incoraggia alla preghiera; e continuamente ci mette in guardia dal maligno, dalle tentazioni del mondo, dalle debolezze della nostra natura ferita. Sarebbe utile uno studio apposito su questo tema.

Esiste anche un’azione straordinaria del demonio. Oltre all’aggravarsi di tentazioni, il maligno ha dei poteri, per permissione divina, tali da causare tormenti particolari. Sono solito elencarli in cinque forme: tormenti esterni, possessione, vessazione, ossessione, infestazione. Ne parleremo più dettagliatamente la prossima volta. Qui mi preme rilevare come la Madonna non insista tanto su queste singole forme, quanto invece sui mezzi che abbiamo per sconfiggere satana. Non bastano, talvolta, la preghiera e la vigilanza; il Signore ci chiede di più. Ci chiede il digiuno e sopratutto l’esercizio delle virtù, in particolar modo dell’umiltà e della carità. Queste due virtù, tipicamente cristiane, sconcertano satana, lo spiazzano completamente. Il maligno è tutto orgoglio, ribellione a Dio, arroganza. E non c’è dubbio che l’orgoglio è il più forte dei vizi, tanto che nei Salmi (18) è chiamato “il grande peccato’. Di fronte a un’anima umile il demonio non può niente. Notate che l’umiltà ha due aspetti complementari: sentirci niente, perché consci della nostra debolezza; confidare in Dio, che ci ama e da cui ci viene ogni bene. Il demonio sa benissimo queste cose e ci attacca o col compiacimento di noi stessi o con ogni forma di scoraggiamento.

La carità è poi la regina delle virtù e ha tanti aspetti: donare, donarsi, essere miti e comprensivi… ed è incomprensibile al demonio, che è tutto odio. Ma c’è un aspetto particolare della carità che è veramente eroico (è forse il precetto più difficile del vangelo) e che ha una forza particolarissima contro gli assalti del demonio, oltre che contro le particolari vittorie che satana può avere ottenuto su di noi: perdonare di cuore e amare i nemici (ossia quelli da cui abbiamo avuto del male e che forse continuano a farcene).

Mi è capitato abbastanza spesso di esorcizzare delle persone possedute dal demonio o colpite da disturbi malefici minori; e mi è capitato di notare che i miei esorcismi non ottenevano nessun effetto. Allora ho cercato di individuare, con l’aiuto della persona colpita, se c’era qualche causa che impediva l’azione della grazia. Sempre ho incominciato dalla carità in queste due forme particolari: interrogavo per sapere se nell’animo di quella persona c’era dell’odio, o anche solo del rancore; se mancava quel “perdono di cuore” che Gesù esige per concederci il suo perdono. E interrogavo sull’amore: se c’era qualche persona che non era amata sinceramente. Insieme si cercava tra i parenti più prossimi, tra gli amici, tra i colleghi, tra i vivi e anche tra i defunti. E quasi sempre ho trovato delle carenze e ho detto chiaro che era inutile continuare con i miei esorcismi se quell’ostacolo non veniva rimosso. Ho visto casi di perdono dati proprio di cuore, riconciliazioni eroiche, preghiere e celebrazione dimesse a favore di persone da cui si continuava a ricevere del male. Rimosso l’ostacolo, la grazia di Dio scendeva con abbondanza. Sia ben chiaro che ci si può liberare da satana anche solo con la Parola di Dio, le preghiere, i sacramenti, il perdono, l’amore sincero: senza esorcismi. Ma gli esorcismi non hanno effetto se mancano questi esercizi.

Vorrei terminare ricordando una verità: chi sono i più assaliti, i più colpiti da satana? Sono i giovani. Per cui la loro vittoria è doppiamente meritoria. Ce lo ricorda S. Giovanni quando esclama: “Scrivo a voi, o giovani, che siete forti e avete vinto il maligno (Giovanni 2,14). Si è richiamato a questa frase il S. Padre, quando è andato all’Isola di S. Michele nelle Azzorre (l’11 maggio scorso); e ha proseguito: “Siate forti per la lotta. Non per la lotta contro l’uomo, ma contro il male; o meglio, chiamiamolo per nome, contro il primo artefice del male. Siate forti nella lotta contro il Maligno. La tattica di quest’ultimo consiste nel non rivelarsi apertamente, affinché il male, da lui innescato, riceva il suo sviluppo dall’uomo stesso… E’ necessario risalire costantemente alle radici del male e del peccato, giungere ai suoi meccanismi nascosti. Giovani, voi siete forti e vincerete il maligno se la Parola di Dio rimarrà in voi”.

Tutto è preghiera se fatto con amore, smetti di pregare quando pecchi (mollando , cadi in tentazione)

D. Gabriele Amorth

Fonte : Tratto dall’Eco di Medjugorje nr.83
La Parola di Dio ci istruisce per vincere tutte le insidie di satana. Forza particolare del perdono ai nemici. Il Papa ai giovani: “Chiamiamo per nome il vero nemico”

20140510-121055.jpg

20140223-141536.jpg

Ancora una volta,andando in esplorazione a caso,ho scoperto un luogo magnifico,montagne e canyon. La salita è molto impegnativa,scoscesa,ripida,con punti molto esposti,dove bisogna fare molta attenzione o si finisce per fare un volo di centinaia di metri. Ma l’arrivo in vetta è qualcosa di magico,il paesaggio è selvaggio con dislivelli e forme rocciose che lasciano senza fiato. Lo considero un privilegio,un dono di Dio poter andare in questi luoghi,esserne attirato, anche perchè, ancora non sò come ho fatto in questi anni ad andare a caso e scoprire luoghi così meravigliosi. Poter meditare circondato da così tanta pura bellezza,diversa da quella che da il mondo,finta e sporca, è un dono del quale ancora faccio fatica a sentirmene degno,tuttavia continuo a ringraziare per questi inestimabili regali. C’è un motivo perchè tutti i saggi e i profetti,quando sentivano il bisogno di distaccarsi dal mondo ed andare a pregare e a meditare salivano sui monti,poichè la montagna,anche a causa della conformazione stessa,eleva verso il Cielo: senza regalare niente però senza sforzo,al contrario del mondo nel quale ogni cosa è in offerta e a basso prezzo,ma che non soddisfa mai per più di qualche ora,lasciando dentro sempre quel certo senso di vuoto. La montagna richiede sacrificio,fatica,coraggio,attenzione,concentrazione,umiltà,o il prezzo da pagare sarà alto,cioè la vita; ma ad ogni passo,ad ogni metro che si sale,il cuore e lo spirito si riempiono di nuova vita,nuova energia pulita,che ripulisce dalla sporcizia della civiltà umana. L’altitudine cambia il paesaggio e l’aria e anche lo stato d’animo e i pensieri,tutti i sensi sono amplificati,ed ogni gesto diventa un atto di purezza e amore verso se stessi,la terra e il Cielo,per così tanta bellezza gratuita tutt’attorno. E poi la vetta,a un passo dalle nuvole,talvolta sopra le nuvole,il cielo così vicino,il vento,il silenzio,non più il rumore,le finzioni,le vanità,le illusioni degli uomini,ma solo la forza e la purezza reale della terra,dell’anima e del cielo,tutti e tre collegati in un unico atto d’amore: sembra di volare da lassù,sopra ogni cosa e che i pensieri e le parole,proprio per il sacrficio di essere arrivati fino a lì,vengano ascoltati più facilmente da chi stà più in alto di tutti noi. Questo che segue,invece,è la cronaca dell’avventura-disavventura vissuta al ritorno dalla vetta della montagna: .Ho incominciato a ridiscendere,lentamente perchè quella parte della montagna è molto ripida e sarebbe bastao un inciampo e fine. Comunque dopo pochi minuti,incomincio a vedere dei nuvoloni che velocemente risalivano dal mare verso le montagne dov’ero io. Allorchè affretto il passo,nel limite del buon senso,ma faccio appena a tempo ad arrivare a metà crinale-altopiano e quindi a metà discesa che le nuvole basse arrivano e ricoprono tutto,in poche parole non vedevo più niente,la visibilità era circa di un paio di metri. Incomincio ad essere preoccupato. Comunque,proseguo il sentiero,seppur con difficoltà,riesco a trovare i segni rossi e bianchi,e per un pò le cose,nonostante l’assenza totale di visibilità,sembrano andare discretamente bene,senonchè arrivando su di un promontorio,dove mi ricordavo che c’era l’ultima discesa che portava al paese di colonnata,perdo il sentiero.le nuvole coprivano ancora tutto,non vedevo niente intorno a me,se non il bianco delle nuvole,non avevo nessun punto di riferimento se non le roccie di un paio di metri davanti a me e ricordavo che in quel punto della montagna il sentiero era segnato poco e male ( se ci fosse stato il sole,quindi piena visibilità non ci sarebbero stati problemi,poichè da quel pinto si vede chiaramente il paese ) ; quindi,proseguo ad intuito e sul quel poco che mi ricordavo della salita. Ricordavo che il paese stava in base sulla destra,ma quanto a destra non lo ricordavo. Così cammino,saltando da un sasso all’altro,non più sul sentiero battuto ( in quella zona non c’era il sentiero,dovevi arrampicarti,ma con piena visibilità,niente di così complicato ), continuo a camminare cercando di scendere e sempre andando sulla mia destra. Dopo un bel pò di minuti,tra qualche scivolata,qualche aiuto al mio cane,incomincio veramente a preoccuparmi,ancora non vedevo niente, non sapevo a questo punto il paese in quale direzione fosse e soprattutto non ricordavo se davanti a me,nel,a direzione in cui andavo,ci fosse un burrone che mi facesse volare giù all’improvviso,visto che le nuvole basse non mi facevano veere amcora niente,ma la cosa peggiore è che ormai era sera,il sole stava tramontando,e il buio,nonstante comunque avessi avuto la torcia d’emergenza sarebbe stato quasi fatale,in quelle condizioni e su quella parte della montagna. Lì ero veramente preoccupato, ma più che per me,per il mio cane,che se era in quella situazione era solo a causa mia; ed io penso sempre che se una mia azione riguarda solo me,allora sono fatti miei,ma se una mia azione coinvolge anche altri esseri viventi,allora ne sono responsabile,anche e soprattutto delle conseguenze di tali azioni. Comunque non c’era tempo da perdere,anzi,il tempo era proprio un lusso che non potevo permettermi. Così affretto il passo,continuo a scendere per diversi minuti sperando che tornasse un pò di visibilità,sudavp e il cuore incominciava a battere forte,la tensione aumentava man mano che la luce del giorno diminuiva: quando finalmente si apre un varco tra le nuvole,e sulla mia sinistra in fondo intravedo il paese!! Si,appunto,sulla sinistra,in un altro costone di montagne!! Con visibilità zero,avevo sbagliato ero sceso troppo sulla mia destra e ora mi trovavo in un punto in mezzo al nulla,lontano dal paese dove avevo lasciato la mia macchina e in un punto dove non ero passato prima. Per 2 minuti rimango fermo in piedi a guardare il paese da lontano,cerco di calcolare come ci sarei potuto artivare nel più breve tempo possibile e senza amazzarmi o arrivarci in volo. Quando ad un certo punto le nuvole incominciano a salire di quota,improvvisamente davanti a me torno tutto chiaro,ho di nuovo la visibilità al 100% !! Vedo molto più in basso davanti un bosco di rovi e alberi spogli,,dopo il bosco un prato fatto a terrazzamenti e dopo il prato sulla sinistra,un enorme cespuglio di rovi,qualche albero,ma soprattutto dopo poco la parte bassa del paese di Colonnata,vicino alla cava di marmo. Mi si apre il cuore. Penso: ” attraverso il bosco,attraverso il prato e poi in qualche modo con l’aiuto del mio fedele machete mi faccio largo tra quell’enorme cespuglio di rovi e spine e arrivo al paese”. Questa era la teoria,poi come sempre,la pratica è stata un pò diversa. Riesco ad attraversare il bosco abbastanza facilmente,anche se sono dovuto passare attraverso una grossa frana fatta di sassi tagliente e a parte un paio di piccole ferite è andata bene; arrivo al prato,scendo tutti i terramenti,quasi fino in fondo,arrivo al mega cespuglio di rovi,ma da là in alto dov’ero prima,non avevo calcolato quanto era grande! Ormai era quasi notte,il tempo stringeva e rischiavo di rimanere bloccati lì dal buio. Potevo farmi strada col machete,ma ci sarebbe voluto troppo tempo e il tempo era l’unica cosa che non avevo. Così decido di scendere ancora qualche terrazzamento ler vedere se ci fosse stato un qualche passaggio verso il paese. Arrivo in fondo al prato. Vedo sulla mia sinistra,proprio dove in linea d’aria dovevo passare,una rete du ferro alta che delimita una proprietà. Mi appoggio alla rete e guardo giù: più o meno circa 30 metri più in basso c’era una casa. Decido che non ho alternativa,devo scavalcare la rete,raggiungere la casa,scusarmi per essere entrato nella loro proprietà e chiedere qual era la strada più veloce per tornare al paese. Così,prendo in braccio Kay,il mio cane,e la lancio al di là della rete,va tutto bene,daltronde oer lei quest avventura è stata tutta un gioco; comunque,scavalco anchio,non senza difficoltà,scendo il rimanente ripido bosco,infatti nonostante le mie scarpe nuove da trekking ( le Salomon a mezza altezza in gote-tex,le consiglio,comode leggere,con un ottimo grip su roccia,sulla terra umida e in condizione di forte dislivello,ovviamente,come tutte,ha poco grip,ma solo perchè è la terra fangosa che cede ) un paio di scivoloni me li prendo; nonostante questo arrivo finalmente alla casa,la salvezza. Vado immediatamente a bussare alla porta e mi apre una simoatica anziana signora,in compagnia di una sua amica all’incirca della stessa età. Mi scuso immediatamente per essere entrato nella sua propietà e gli spiego che mi ero perso a causa dell’improvviso artivo di nuvole basse. La simpatica signora mi racconta che non è la prima volta che escurionisti finiscono in casa sua,mi offre acqua e un caffè,ancora qualche chiacchera,due risate,ringrazio e mi incammino per il paese,che in 10 minuti raggiungo,questa volta su strada normale. Arrivo alla macchina,stanco,molto stanco,ma felice: felice per la giornata,per quest’avventura finita bene,è stata una grande lezione; felice per la gentilezza,la simpatia e l’ospitalità dell’anziana signora. Anche quest’avventura l’ho potuta raccontare,magari arriverà il giorno che non potrò più raccontarla,e camminare su montagne e prati di altre dimensioni e altri cieli,ma per questa volta ringrazio Dio per tutto quanto ho visto,scoperto,gustato immeritatamente di questa paradisiaca natura e anche per la lezione appresa al ritorno. La vita è straordinaria,proprio perchè non si finisce mai di imparare,con umiltà la vita è un grande viaggio di conoscenza,di miglioramento di se stessi,imparando da ogni cosa o situazione. Mi rendo conto ora delle molte lezioni che ho appreso: ho imparato il valore del silenzio,dal rumore della società,ho imparato l’amore da chi non vuole amare,ho imparato l’amicizia da chi fà finta di essere amico,ho imparato la fedeltà da chi tradisce con facilità,ho imparato il rispetto da chi non rispetta nessuno,ho imparato la pace da chi usa violenza,ho imparato la fede da chi non crede,ho imparato l’umiltà dall’altezzosità e dalle illusioni dei superbi,ho imparato a seguire la verità da chi è bravo a mentire,ho imparato a non essere complice del male da chi dice ” tanto ormai le cose funzionano così “, ho imparato il valore della vita in ogni vita da chi la inquina e la distrugge,per interesse,gioco o indifferenza,ho imparato dalla montagna che se vuoi arrivare vicino al Cielo,alla sua magia,pace e bellezza, serve sacrificio e impegno e l’ho imparato anche da chi crede che tutto gli sia dovuto. Niente in questa vita ci è dovuto,ma la felicità,la pace,la si conquista solo con sacrificio, purezza di cuore e Amore. In conclusione,la natura è una grande fonte di ispirazione,una maestra saggia,severa e una grande culla per l’anima

20140223-141617.jpg

20140216-102303.jpg

Di ritorno da un stupendo ritiro spirituale dai miei amici eremiti,nel loro magico eremo-santuario di Minucciano. Giorni passati a meditare,a conversare di argomenti edificanti,ad esplorare boschi solitari le cui uniche presenze sono stati i caprioli. Ho ricevuto anche col rito antico all’altare il santo scapolare del monte Carmelo,un oggetto dal grande significato e dal grande potere spirituale. Mi ci volevano questi giorni,per rigenerare lo spirito per rielevare l’anima,per rinvigorire la consapevolezza di questa vita. La realtà nella quale vivo,questa società fatta di vanità,superbia,egoismo,superficialià,inganno,illusioni; è a dir poco un puttanaio, e per fortuna esistono ancora questi posti,quasi fuori dal tempo,dove rigenerare corpo e mente,ripulire il cuore dal fango della realtà quotidiana,dal troppo rumore e da parole inutili,ipocrite e vuote: per fortuna che esistono ancora persone,questi eremiti,che vivono in maniera pulita ed è veramente un miracolo considerando questo mondo sporco. Ancora una volta ho ricevuto grandi lezioni: ” Dio ci ha creati per la vita eterna,il diavolo ha portato la morte. Cristo ha trionfato sulla morte. Se togliamo Dio dalla nostra vita il destino che ci aspetta è il diavolo,la perdizione,l’inferno,cioè la definitiva lontananza da Dio e,quindi,la morte. Se accogliamo Dio nella nostra vita,come Maria nel suo grembo,il nostro destino è nell’eternità della gioia. . Prima o poi,aggiungeva, dovrà scegliere da che parte stare. Ecco l’azione del demonio: spostare l’attenzione da Dio alle cose terrene; negare l’azione salvifica di Gesù,dileggiare la promessa della felicità eterna,insistendo su quella che viene considerata l’unica liberazione, che solo può venire dal dare libero corso ai sensi. E va bene quando a un certo punto della vita ci si rende conto di aver inseguito il nulla,di aver sprecato un’intera esistenza per un pugno di mosche. Facile il riferimento letterario a un personaggio di Gabriele D’Annunzio,forse immagine dell’autore stesso,che nel “Piacere”,si trova ad affrontare proprio questo senso del nulla scaturito da una vita dissoluta. Il suo problema non è nel senso di colpa,ma il sentire che quella libertà di peccare che tanto aveva cercato,in realtà ha finito per legarlo come fosse . Il sentimento che prova è ,oltre allo sconcerto nel constatare che le non riescono più a tenere . È il peccato che si accompagna alla sua condanna. Papa VI ci ricorda che il diavolo agisce <>.” Viviamo in una realtà conformista e omologante,lontana dalla vera verità, (dove l’Amore diventa un guscio vuoto da riempire arbitrariamente…una parola abusata e distorta fino a significare il contrario), dove la maggioranza assume gli stessi comportamenti: il messaggio di Gesù porta fuori dagli schemi,dal modo di vivere comune. Papa Benedetto XVI si sofferma particolarmente su questo concetto. L’afflizione di cui parla Gesù,spiega,<>. ( Gesù fu amato da molti per la Verità eterna e d’amore che portava,ma fu anche odiato,e stava antipatico a molti,perchè Lui attestava il peccato nel quale vivevano le persone,e la gente,allora come oggi,non volevano sentirsi dire che sbagliavano e che vivevano nel peccato ). Come stà scritto nel libro di Padre Amorth: <>. Il cristiano deve essere attento,militante,nonostante il mondo molte volte gli sia contro,anche se questo può creare afflizione. E proprio agli afflitti,annota il Papa,viene promessa consolazione,così come ai perseguitati il Regno dei Cieli. Il regno di Dio,questa è la vera consolazione: stare nella protezione della potenza di Dio ed essere sicuri del suo Amore>>.” Il Cristiano può sbagliare,cadere nell’errore,ma deve sempre rialzarsi e mirare sempre alla Verità e a l’Amore, nonostante tutto. Grandi giorni sono stati per me,giorni di meditazioni,studio,conversazioni edificanti,escursioni e avventure nei boschi,tanta pace,tanto rilassamento e soprattutto energia nuova e pulita. È un mondo che inganna,belle parole,belle faccie e pessimi fatti; per fortuna che esistono ancora luoghi e persone così,pulite,vere,dove c’è verità,semplicità e finalmente nessuna maschera. Se vivessimo in una società fatta di persone così pulite,il cuore di tutti sarebbe in pace,felice e,la falsità e l’inquietudine sarebbero solo un triste lontano ricordo.

20140216-102421.jpg

Jvan Bugliani

 

Prefazione

Gesù ci dice: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. ” (Gv 14, 27)

La pace dell’anima è un tesoro inestimabile sempre più raro fra gli uomini del nostro tempo.

Il mondo nel quale si vive oggi è artefatto, disarmonico, superficiale, materialista, consumista. È il mondo dell’apparire e non dell’essere, della fretta e non dell’attesa tenace e paziente, del successo immediato e otte­nuto il più delle volte sacrificando la correttezza e l’onestà.

Quale è la causa di tale abbruttimento, della perdita dei valori esisten­ziali che orientano e determinano la vita dell’uomo? È l’assenza di Dio nella vita individuale e sociale. Il mondo di oggi è come un enorme tran­satlantico che naviga nell’oceano senza meta, ha perso l’orientamento, va alla deriva, non ha con sé la bussola. La bussola del mondo e dell’uomo è Dio; il grande smarrito. Senza Dio che senso ha la mia vita e quanto mi circonda? Non ha senso.

Mi aggrappo con ansia a quanto l’esistenza breve e precaria mi offre, la bevo e la gusto fino alla feccia, ma non mi completa, non mi soddisfa, non mi rende felice, mi illude e poi mi delude amaramente. Percepisco sempre più intensamente il vuoto, il non senso, l’assurdità di tutto. Per­ché esisto? Non lo sò. Perché continuo questa vita senza senso? La faccio finita una volta per tutte! Questo è il ragionamento e la conclusione di molte esistenze odierne! Oppure si continua a “vivere” tenendoci sulla groppa frustrazioni, angoscie, ansie, nevrosi, esaurimenti sempre in aumento! La soluzione qual’è? Tornare a Dio, tornare a Cristo fonte della pace dell’anima.

La pace dell’anima è un’arte spirituale da conoscere e da apprendere. Ho trovato alcuni anni fa fra i tesori dell’ascetica cristiana un aureo opuscolo che chiamo “vademecum” cioè un buon amico che ci suggerisce questa arte essenziale per la nostra esistenza finalizzata ed equilibrata. Sono sicuro della sua attualità e del beneficio che ne possono ricavare molte anime oggi. È piccolo di mole ma ricchissimo di contenuto. Come va letto? Adagio, facendo penetrare il contenuto dei brevi capitoli nel profondo di noi stessi e chiedendo a Dio e alla Tutta Santa un particolare aiuto per attuarlo nella nostra vita e così guarire, con la fede vissuta, dal­l’epidemia odierna del non senso e dell’assurdo di noi stessi e di quanto ci circonda. Lo offro alla vostra attenzione e alla vostra lettura. Portatelo con voi e rileggetelo spesso. Vi insegna a vivere nella pace di Cristo, a sceglierlo come modello e meta da perseguire, ad averlo e sentirlo vicino come l’amico leale e fedele. “Guai al solo” ci ammonisce la Bibbia. Con Cristo al fianco, percorriamo più sicuri il breve percorso della nostra esi­stenza per essere poi accolti fra le su braccia per tutta l’eternità. Buona lettura.

fra Mario Rusconi eremita

 

Natura del cuore umano e mezzi per governarlo

Dio fece il cuor dell’uomo per amarlo e per essere riamato: dunque, per l’eccellenza del fine, per il quale fu creato, il cuore umano può dirsi la più nobile e la più grande opera di Dio. Nel governo di questo cuore sta la vita e la morte spirituale. Esso, che è per natura inclinato a fare tutto per amore e nulla per forza, presenta facili mezzi per essere guidato. Vigiliamo sulle cause motrici delle nostre azioni: non occorre fare violenza. Consideriamo donde nascono e dove tendono. Scrutiamo se queste cause motrici partano dal cuore sorgente dell’Amor Divino, o dallo spirito sorgente di umana vanità. E quando nulla ci sembrerà tutto ciò che facciamo per Iddio, ed arrossiremo di fare così poco, benché si faccia il possibile, allora conosceremo che è il cuore quello che ci spinge alle buone opere per impulso di amore. Invece confesseremo di essere guidati da spirito muto e mossi solo da umani interessi, quando le buone opere, al posto di ispirarci umiltà e sottomissione, nient’altro in noi lasciano che illusione, fumo di vanagloria, e ci fanno credere di aver fatto molto, mentre nulla di buono in realtà abbiamo realizzato.

In queste osservazioni, che incessantemente dobbiamo fare su noi stessi, sta l’umano conflitto, di cui parla Giobbe.

Esse però non devono essere piene di agitazione, perché il loro scopo principale, è quello di dare la pace all’anima, calmandone e acquietandone le ansie quando è turbata nell’agire e nel pregare. È neces­sario infatti persuaderci che non pregheremo mai bene se l’anima non si trova nel suo stato normale. Per conseguire questo, sappiamo bene che nulla giova più delle attrattive dell’amore, uniche sole capaci a richiamare l’anima dal suo smarrimento col restituirle la tranquillità primitiva.

 

L’anima deve essere sollecita a conseguire una perfetta tranquillità

Tale ispezione, soave, pacata e, soprattutto, perseverante sul nostro cuore, ci condurrà facilmente a grandi cose. Ci farà non solo pregare ed agire con calma e facilità, ma anche soffrire senza quella inquietudine che trascina tutti al disprezzo e all’ingiustizia. Non illudiamoci però che si possa conseguire quell’intima pace senza grandi fatiche, e che ci sia dato di evitare le battaglie che a noi inesperti muoveranno i nostri formidabili nemici. Tuttavia non dubitiamo che nel conflitto, purché vogliamo com­battere, ci vengano meno gli aiuti e le consolazioni. Stiamo certi che le forze degli avversari si indeboliranno e si dissiperanno, e che noi potremo dominare i nostri impulsi e rendere finalmente all’anima quella preziosa quiete da cui deve emergere la sua felicità in questa vita.

Se dovesse avvenire che lo stimolo fosse difficile da superare, per­ché troppo forte è il peso delle afflizioni e troppo grave per essere da noi sopportato, ricorriamo all’orazione. Preghiamo e perseveriamo nella pre­ghiera, imitando Gesù che per ben tre volte pregò nell’orto degli ulivi, per insegnarci che ogni spirito contristato deve cercare nella preghiera conforto e consolazione.

Preghiamo dunque incessantemente finché non sentiamo il nostro interno ridotto e sottomesso a Dio, la nostra volontà uniformata a quella di Dio e l’anima nostra restituita alla primitiva calma. Non procuriamoci turbamento col precipitare le azioni esteriori, e se stiamo facendo qual­che lavoro o manuale o intellettuale, occupiamocene pure, ma con tran­quillità e posatezza, senza prescriverci il tempo per ultimarlo e senza affrettarci per vederne la fine.

Unica e principale nostra intenzione sia di aver sempre presente Dio con umiltà e pacatezza senza curarci d’altro che di piacergli. Se vi vorremo aggiungere altro, l’anima nostra si riempirà di turbamento e di inquietudine. Il più delle volte soccomberemo. Le angustie, che ci toc­cherà di sopportate per riaverci dalle cadute ci insegneranno che, il voler fare tutto secondo il nostro capriccio e la nostra volontà, è la causa di ogni nostro male. Se ciò talvolta vale a renderci paghi di vane compia­cenze dopo aver conseguito l’intento, nel caso opposto ci ricolma invece di dispiacere, di inquietudine, di disgusto.

 

La pace si edifica lentamente

Cacciamo dunque dal nostro spirito tutto ciò che può innalzarlo o deprimerlo, rallegrarlo o perturbarlo. Operiamo con calma per acquistar­gli o conservargli la sua tranquillità, poiché Gesù Cristo ha detto: Beati i pacifici; imparate da me che sono mite e umile di cuore. Non dubitiamo che il Signore non sia per coronare questa fatica, formando nella nostra anima una casa di delizie. Egli però esige che, ogni qualvolta saremo agi­tati dagli stimoli dei sensi e delle passioni, noi ci preoccupiamo di repri­mere questi eccitamenti, di calmare e sedare queste turbolenze, resti­tuendo la calma alle nostre azioni.

Ora, come non si può edificare una casa in un sol giorno, così noi non potremmo giungere in breve tempo ad acquistare questo intimo te­soro. Due cose sono indispensabili per coronare tale opera: che Dio stesso si edifichi dentro di noi questa dimora, e che questo edificio si basi sull’umiltà.

 

Per conseguire la pace dell anima ci si deve proporre la privazione di ogni consolazione

Quasi ignota al mondo è la via che conduce a questa imperturba­bile pace. In questa via si accolgono le avversità nello stesso modo che dai mondani i piaceri. In questa via si anelano i disprezzi e gli obbrobri con la stessa avidità che dai mondani si desiderano la gloria e gli onori. In questa via si pone la stessa cura a sfuggire e ad essere sfuggiti ed abbandonati dagli uomini, che dai mondani ad essere cercati, accarezzati e stimati dai grandi.

Vi si professa però con tutta umiltà la santa ambizione di essere noti a Dio solo, e da lui solo osservati, consolati e favoriti. L’anima cri­stiana vi impara a stare sola con Dio e a sentirsi penetrata in modo tale della divina sua presenza, che non vi è pene né tormento che non desi­deri soffrire per la gloria e l’onore divino. Vi impara che la pazienza can­cella il peccato, che una sventura tollerata vale un tesoro per l’eternità, e che chi vuol la gloria di conformarsi a Gesù Cristo deve necessariamente ambire di patire per Lui. Vi impara che il fomentare l’amor proprio, il fare la propria volontà, il seguire l’impulso dei propri sensi, l’appagare i propri appetiti, equivale a perdersi. Vi impara che non si deve fare il bene secondo la propria volontà, ma che questa deve essere subordinata a quella di Dio con semplicità e umiltà di cuore, per eseguire poi, senza curarsi di sé stessa, ciò che piacerà alla Divina Maestà di comandarle.

Se talvolta ci sentiamo spinti a qualche buona azione da luce ingannevole o da zelo indiscreto, e troviamo in noi dei falsi profeti, che sotto l’aspetto di agnelli nascondono lupi rapaci, l’anima li riconoscerà dai frutti: ossia, se si sentisse turbata e irrequieta, o se lo spirito di umiltà si fosse cambiato in alterigia, oppure non avesse più pace e tranquillità, e vedesse in un istante perduto quanto aveva guadagnato con tanto tempo e fatica.

Se talvolta da noi si smarrisse questa via, umiliamoci per i nostri errori, perché l’umiltà rialza e fa risolvere di vegliare per l’avvenire con maggior cura sopra sé stessi. Se Dio permette talvolta che cadiamo, è forse per umiliare un certo orgoglio che il nostro amor proprio tien celato. Se l’anima si trova esposta agli assalti delle tentazioni, non se ne deve turbare ma cercare di uscire con calma e senza lotta, e ristabilirsi in calma senza eccedere, né in gioia né in mestizia.

Dobbiamo insomma avere di mira una sola cosa: conservare tran­quilla, incontaminata e pura l’anima nostra in faccia a Dio, perché allora lo troveremo sempre dentro di noi. L’esperienza ci farà conoscere che la sua divina volontà non ha altro scopo se non il bene e l’utile della sua creatura.

 

Perché Dio vi compia il suo volere, 1’anima deve essere sola e distaccata dalla terra

Se dunque siamo persuasi che dobbiamo fare dell’anima nostra quel conto che si conviene di un tempio destinato a dimora di Dio, per­ché non ci preoccuperemo affinché nulla di mondano vi si intrometta? perché non speriamo nel Signore e non staremo fiduciosi aspettando che Egli vi venga? Dubiteremo che Egli non vi entri, qualora la trovi sola e distaccata, sola senza altro pensiero che quello di ricevere Lui; sola senz’altro pensiero che quello di trovarsi alla sua presenza, sola senza altro amore fuor che il suo, senz’altra volontà, fuor che la sua?

Nulla però dobbiamo fare di straordinario per meritare di allog­giare Colui che le creature tutte non saprebbero contenere. Seguiamo solamente passo passo la nostra guida, e senza il nostro direttore non intraprendiamo di nostro arbitrio, né fatiche, né penitenze, per offrirle a Dio. Faremo abbastanza se terremo il nostro interno sempre disposto a patire quanto e come a Lui piacerà.

Anziché secondare i nostri desideri, per il nostro meglio teniamoci in riposo e lasciamo operare in noi la Divina Maestà. La volontà sia sem­pre lungi dal contrarre impegni e sempre del tutto libera da ogni attacca­mento alla terra. Poiché non si deve fare quanto si desidera, persuadia­moci che nulla bisogna desiderare; oppure se qualche cosa si desidera, bisogna farlo in modo che anche se l’esito fu contrario, il nostro spirito rimanga calmo, come se nulla avessimo desiderato. I desideri sono infatti delle catene; il nutrirne è rimanere in schiavitù e il non conoscerne è godere libertà. Se Dio vuole l’anima nostra così sola e libera, credete forse che non opererà cose meravigliose e non la glorificherà, per così dire, in questa vita?

Oh santa solitudine! Oh beato deserto! Oh glorioso eremo, ove l’anima può tanto facilmente godere il suo Dio! Non solamente corria­mone in cerca, ma chiediamo ali di colomba per volarvi e prendervi un santo riposo. Non ci arrestiamo sulla via, né vogliamo prendere il conforto di salutare qualcuno! Lasciamo che i morti seppelliscano i morti! andiamo nelle terre dei vivi, noi che non siamo più proprietà della morte.

 

Circospezioni da osservarsi nell amore del prossimo, per non turbare la pace dell’anima

Dio non pone la sua dimora in un’anima che non arda di amore per Lui e di carità per il prossimo. Non disse Gesù Cristo di essere venuto a portare il fuoco sulla terra? Quanto però l’amor di Dio non deve avere limiti, altrettanto la carità verso il prossimo deve avere regola e misura, perché mentre non si può mai amare troppo Dio, si può invece amare troppo il prossimo. E se questo amore non è regolato, o conduce soltanto a perdizione, esponendoci a distruggere noi stessi, mentre pen­siamo di edificare gli altri.

Amiamo dunque il prossimo in modo che all’anima nostra non ne venga danno. Può essere miglior cosa talvolta il non agire con il solo scopo di dar buon esempio agli altri e servire loro di modello, che non pensare di portare gli altri a salvezza con pericolo per noi di dannazione. Operiamo semplicemente e santamente senza altra intenzione che quella di piacere a Dio.

Quando sapremo umiliarci, conosceremo che cosa siano le nostre buone opere! Non ne faremo certamente tanto caso da credere che ciò che a noi reca così scarso profitto, possa recarne molto agli altri; e non ci faremo tanto zelatori delle anime da perdere la nostra! Avremo l’ardente brama di illuminare gli altri, ma soltanto se a Dio piacerà di eccitarla in noi, e quando l’avrà destata in noi l’opera divina.

In realtà, non possiamo acquistarcela da noi con la sollecitudine e lo zelo indiscreto. L’anima nostra rimanga perciò nella pace e nel riposo di una santa solitudine. Così vuole Dio per attrarla e unirla a sé. Stiamo­cene aspettando che il padrone della vigna venga a cercare l’opera nostra. Quando ci troverà nudi e spogli di ogni sollecitudine e desiderio terreno, Dio ci rivestirà di sé stesso. Si ricorderà di noi, quando vedrà che noi pure ci siamo dimenticati di noi stessi.

Allora regnerà in noi la pace; allora il suo amore divino ci farà operare senza turbamento, e ispirerà la moderazione e la temperanza in tutti i nostri desideri. Noi tutti faremo nel santo riposo di questa pace: pace figlia di amore, per la quale tacere è parlare, e far tutto, consiste nel far niente altro che essere libero e docile ai divini voleri. Infatti, soltanto la bontà di Dio deve fare tutto in noi e con noi; ed Egli non ci richiede altro che di essere umili al suo cospetto. Offriamogli dunque un’anima infiammata dal solo desiderio di compiere nel modo più perfetto il suo volere!

 

L’anima deve spogliarsi completamente della propria volontà per mettersi alla presenza di Dio

Venite a Me, voi tutti che faticate e siete stanchi, se desiderate sollievo; a Me voi tutti che avete sete, se desiderate dissetarvi. Così ci esorta Gesù Cri­sto in due luoghi dei libri Santi. Seguiamo anche noi questa divina chia­mata, ma senza sforzo né precipitazione, nella pace e nella calma, affi­dandoci con rispetto e fiducia all’amorosa onnipotenza che ci chiama. Aspettiamo tranquilli la venuta dello Spirito apportatore di pace. Pen­siamo solo a quelle cose per le quali egli deve essere desiderato, amato e glorificato. Rassegniamoci con vera sottomissione a quanto vorrà fare di noi.

Non facciamo mai violenza al nostro cuore, per timore che si ina­sprisca e così si renda meno adatto alla santa calma che ci vien coman­dato di procurarci. Abituiamolo dolcemente a non fermarsi che sulla bontà, l’amore e benefici elargiti da Dio alle sue creature, e a nutrirsi di quella deliziosa manna, che l’assiduità di tale meditazione profonderà con inconcepibili dolcezze nell’anima nostra. Non sforziamoci minima­mente per sparger lacrime, né per eccitare in noi sentimenti di devozione che non abbiamo. Lasciamo invece che il cuore nostro riposi interior­mente in Dio come suo centro, e non cessiamo di sperare che in noi si adempia il divino volere.

A tempo debito Egli ci elargirà le lacrime, ma lacrime di amore e di tranquillità. Riconoscendone da questi segni l’origine, con profonda umiltà, riverenza e gratitudine le riceveremo come celeste rugiada.

Non dobbiamo avere l’ambizione di sapere, di possedere e di potere cosa alcuna perché il principio e la fine, il segreto e la chiave del­l’edificio spirituale, consiste appunto nel non fare affidamento su noi stessi né su ciò che sappiamo, ma nello starsene ai piedi di nostro Signor Gesù Cristo con perfezione abnegazione come la Maddalena, senza angustiarsi come Marta.

Che se talvolta cerchiamo Dio come luce dell’intelligenza per riposare in Lui, facciamolo senza confronti, restrizioni o limiti, perché Egli è fuori di ogni confronto, perché è presente dovunque senza divi­sione di parti, perché tutto si trova in Lui. Immaginiamo un’immensità illimitata, un tutto incomprensibile, una potenza che fece il creato, che regge e governa tutto, e diciamo alla nostra anima: questi è Dio.

Contempliamolo e ammiriamolo incessantemente. Egli è dapper­tutto, è, dunque, anche nella nostra anima. Anzi, secondo quanto disse egli stesso, vuol trovare in essa le sue delizie, e quantunque non abbia bisogno di lei, vuol renderla degna di sé. Facciamo in modo però che, nel ricercare queste divine verità, la volontà sia attratta ad effetti dolci e tran­quilli.

Non trascuriamo le nostre pratiche devote. Non ci imponiamo nemmeno come per obbligo un determinato numero di orazioni da reci­tare, di massime da meditare, di capitoli da leggere.

Facciamo invece in modo che il nostro cuore sia sempre libero e pronto a fermarsi ove troverà riposo, e a godere di Dio, quando a Dio piacerà di comunicarglisi. Non angustiamoci di non aver fatto o detto quanto ci eravamo proposti di dire o fare. Lasciamo senza scrupolo d a parte ciò che ancora rimane e disprezziamo ogni pensiero che ci venga su questo argomento, poiché avendo le nostre pratiche per unico fine di cercare Dio, quando è stato raggiunto lo scopo, i mezzi devono cessare.

Dio vuole condurci per quella via che più Gli piace: e noi, cercan­dolo in modo diverso, lo guidiamo. Se desideriamo di renderci graditi a Lui, ma non facciamo la sua volontà, se ci imponiamo per obbligo di dire la tale o tal altra cosa, fissi sempre con la mente nel pensiero di disimpegnarcene, e se riputiamo necessarie cose puramente immaginarie, noi ci poniamo nella condizione che Dio non possa fare di noi nulla secondo i suoi desideri.

Se dunque vogliamo battere felicemente quella via che piace a Dio e giungere sicuri alla meta, cerchiamo Lui solo, Lui solo desideriamo. Fermiamoci in qualunque parte lo troviamo; non corriamo il rischio che egli ci sfugga, passando oltre! Con Lui santamente riposiamoci. Ed anche quando la divina Maestà si sarà ritirata, continuiamo le nostre pie prati­che, mettiamoci di nuovo sulla traccia (volendo e desiderando ritro­varlo), e tutto abbandoniamo per goderlo dopo che l’avremo ritrovato.

È questa una lezione sommamente proficua, che si deve ritenere bene a mente e praticare, fuggendo l’esempio di certe persone, persino consacrate a Dio, le quali quantunque affaticate per la pratica dei loro esercizi, non poterono mai ricavarne frutto né riposo. E perché? Perché sembra loro di non aver fatto nulla, se non hanno finito il compito, ossia tutte le pratiche numerose e numerate. Fanno consistere la perfezione nel condurre una vita da operai che lavorino a cottimo. In tal modo, schiavi della loro volontà, non gustano mai la vera intima pace, quella pace che è il luogo del Signore, il santuario dove abita Gesù Cristo.

 

Fede nel Ss. Sacramento e modo di consacrarsi a Lui

La nostra fede e il nostro amore per il Ss. Sacramento non deb­bono essere mai stazionari, ma crescere ogni giorno più, irrobustirsi e naturalizzarsi in noi.

Nutriamo questa fede e questo amore con volontà pronta ad ogni sorta di patimenti, tribolazioni, abbattimento ed aridità per amore di questo divin Sacramento.

Non chiediamogli che si immedesimi in noi, ma bensì che l’anima nostra alla sua presenza trabocchi tutta quanta di sentimenti di ammira­zione e di gioia e così esaurisca le sue funzioni. Allora lo spirito ammirerà l’incomprensibile mistero, e alla vista di sì eccelsa Maestà, nascosta sotto specie così piccole, trasalità di gioia il cuore.

Neppure desideriamo che ci si mostri in altro modo. Ricordiamo che Egli ha chiamato felici coloro che credono in Lui senza vederlo. Perciò occorre innanzitutto essere fedele e costante nei propri eser­cizi e con perseveranza praticare i mezzi per purificare e render semplice, con calma e dolcezza, l’anima nostra. Se non trascureremo queste prati­che neppure la grazia della perseveranza ci verrà meno.

Un’anima che abbia gustato questa calma spirituale, non può tor­nare a vivere come i mondani, senza provarne tormento insopportabile!

 

L’anima cristiana deve cercare la calma e la consolazione in Dio solo

Un’anima è in istato di ricevere consolazioni dal Padre Celeste, se non trova nulla nel mondo degno di amore, tranne le persecuzioni e i disprezzi, se non ama e non desidera nessun bene che il mondo può dare, e non ne teme i mali. Fugge i primi come veleno, va in cerca dei secondi come fossero delle delizie. In Dio pone ogni sua fiducia e non presume nelle sue forze.

Grande generosità mostrava Pietro quando ad alta voce procla­mava di voler morire per Gesù Cristo. Tuttavia questo fermo e deliberato proposito era ottimo soltanto in apparenza, perché, basato com’era sulla sua volontà, aveva un vizio, che doveva causargli la sua caduta. Tanto noi non sappiamo né fare né pensare nulla di buono senza l’aiuto di Dio! Conserviamo dunque l’anima nostra libera da ogni sorta di desi­deri, unicamente intenta e presente a quanto sta facendo e pensando, senza permettere di portarsi momentaneamente con il pensiero a ciò che farà o penserà al termine dell’azione.

Non già che sia proibito occuparsi dei propri affari materiali, con prudenza e discrezione, secondo le esigenze del proprio stato. Anche que­sto, se compiuto convenientemente, è in ordine alla volontà divina e non porta il minimo ostacolo alla pace interiore e al progresso spirituale.

Tuttavia per poter meglio impiegare il tempo presente, offriamo a Dio l’anima nostra nuda e scevra da ogni desiderio e stiamocene davanti alla sua divina Maestà come altrettanti poveri, deboli e malati, che nulla abbiano, nulla sappiano fare, né acquistarsi nulla. Però non dimenti­chiamo che in questa libertà di spirito sta appunto l’essenziale della per­fezione, senza preoccupazione interna o esterna di dipendere in tutto da Dio.

Chi può allora concepire quali cure la bontà divina si degni di prendere per una creatura che è così tutta sua?

Si compiace allora Dio che essa Gli apra il cuore con confidenza: illumina i dubbi e ne risolve le difficoltà. La rialza se cade, le rimette i peccati ogni volta che la trova disposta a pentirsene: Egli è infatti sempre l’Eterno Sacerdote!

 

Non ci rattristino gli ostacoli e le ripugnanze nel conseguimento di questa calma interiore

Dio permetterà talvolta che questa serenità interiore, questa soli­tudine dell’anima, questa pace e santo riposo del cuore, siano intorbiditi ed offuscati dai movimenti e dai bollori dell’amore proprio e delle natu­rali tendenze.

Tuttavia, siccome la divina bontà non permette tali cose che per il nostro massimo bene, si compiacerà quindi d’irrigare sempre l’aridità dei nostri cuori con la soave pioggia delle sue consolazioni. Pioggia che non solo ne spegne la polvere, ma la rende atta a produrre fiori e frutti degni delle compiacenze della Maestà di Dio.

Se questi sono i rovesci della nostra intima tranquillità, questi i tur­bamenti causati dai moti dell’appetito sensuale, e i combattimenti (nei quali i santi ottennero con le vittorie le loro corone), quando cadremo in debolezze, in dispiaceri, in turbamenti e desolazioni di spirito, diciamo a Dio anche noi con cuor umile e affettuoso: io sono, o Signore, la creatura delle tue mani, lo schiavo riscattato dal tuo sangue. Disponi di me come di cosa fatta solo per Te e solo concedimi di porre in te la mia speranza. Beata quell’anima che nel tempo della desolazione saprà offrirsi così a Dio! Per­ché, se subito non possiamo uniformare la nostra a quella di Dio, non rat­tristiamocene: questa è la croce che Dio comanda di portare a chi lo segue.

Non l’ha forse Egli stesso portata per insegnarlo a noi? La terribile lotta con la sua anima ebbe a sostenere nell’orto degli ulivi, e la reazione dell’umana natura, nella sua debolezza, gli faceva dire: Padre mio se è possi­bile passi da Me questo calice. Tuttavia la forza dell’anima superando la debolezza del corpo, gli faceva soggiungere con profonda umiltà: Non sia fatta la mia volontà, ma la Tua.

Così anche la nostra naturale debolezza ci spingerà a fuggire ogni pena e ogni tribulazione; ma se, al suo comparire, le faremo cattiva acco­glienza, la vedremo fuggire lontana da noi.

Perseveriamo dunque nello spirito di umiltà e di preghiera, così che non vogliamo, né desideriamo che si compia in noi se non la volontà divina. Cerchiamo che il nostro cuore sia destinato unicamente a dimora di Dio, affatto scevro da amarezza, da livore, da ogni volontaria ripu­gnanza verso qualsiasi cosa. Non fissiamo gli sguardi e i pensieri sulle azioni malvagie degli altri, e passiamo e percorriamo felicemente senza osservazioni la nostra vita. Ad altro non pensiamo che a schivare ciò che può abbatterci, perché superare tutto, senza arrestarsi per nulla, è un grande mezzo per essere di Dio.

 

Artifici del demonio per turbar la pace dell anima

Mezzi per preservarcene

II nemico della salvezza degli uomini, il demonio, mira principal­mente a toglierci dallo stato di umiltà e di semplicità cristiana. Per riu­scire nell’intento ci trascina dapprima a presumere alquanto di noi stessi, della nostra diligenza e capacità, e a poco a poco ci insinua nella mente l’idea di essere superiori agli altri. Da ciò viene il disprezzo del prossimo sotto il pretesto di qualche sbaglio che notiamo in lui.

Si introduce, ho detto, nelle anime nostre con qualcuno di questi mezzi. Però la porta prediletta è quella della vanità e della stima di noi stessi. Il segreto, pertanto, di difesa è di non abbandonare la trincea della santa umiltà, e non allontanarsene mai, ma di confonderci e annichilirsi da noi stessi.

Se usciamo da tale stato, più non sapremo trovar riparo contro quello spirito di superbia. E quando si è impadronito, con tale arte, della nostra anima, la domina da tiranno, facendovi allignare ogni vizio.

Non basta però il solo vigilare. Si deve inoltre pregare, perché fu detto: vigilate e pregate. La pace dell’anima è un tesoro tale che può essere custodita solamente da queste due guardie.

Non tolleriamo che il nostro spirito si turbi e si inquieti per nes­sun motivo, e, ricordiamoci, che l’anima umile e tranquilla fa tutto con facilità, non si cura degli ostacoli, opera il bene e vi persevera. L’anima superba e irrequieta invece fa poco bene e imperfettamente, desiste con facilità, soffre senza intenzione alcuna, e i suoi patimenti non le recano nessun profitto.

Noi potremo discernere i pensieri su cui fermarci, da quelli da discacciare, dalla fiducia o dalla sfiducia nostra nella bontà e misericordia di Dio. Accoglieremo quindi come messaggeri celesti quelli che ci parle­ranno di aumentare sempre più questa amorevole fiducia. Su quelli ci tratterremo formandone le nostre delizie; bandiremo invece quelli che ci inducono a diffidare della divina misericordia.

Voi sapete bene che il tentatore delle anime pie sa far comparire le ordinarie mancanze molto più gravi di quel che siano in realtà. Studia di persuaderle che esse non adempiono mai il loro dovere, che non si con­fessano mai bene, che si comunicano con troppa tiepidezza, che molto difettose sono le loro preghiere. Continuamente cerca con ogni sorta di scrupoli di tenerle sempre turbate, inquiete, impazienti e a istigarle per­ché abbandonino le loro pie pratiche come infruttuose, non osservate e del tutto dimenticate da Dio. Spesso non vi è nulla di più falso di queste insinuazioni.

Non si può dire il vantaggio che possiamo ricavare, con la pratica della devozione, dalle distrazioni, dalle aridità interiori e dalle mancanze che si commettono, perché l’anima, in tale stato, comprende e conosce che Dio vuole da lei pazienza e perseveranza. Difatti, la preghiera e l’a­zione di un’anima che sente ripugnanza per ciò che fa – diceva S. Grego­rio – è una delle compiacenze che Dio si prende della sua creatura. Soprattutto quando, malgrado tutta la sua freddezza, l’insensibilità e lo spirito di ripulsione per ciò che va facendo, persevera con coraggio. Allora la sua pazienza prega assai in sua vece, e al cospetto di Dio tratta meglio la sua causa che non con le preghiere fatte con propria soddisfa­zione. Anzi, dice lo stesso santo, le tenebre interiori, nelle quali si trova l’anima quando prega, sono come una splendente lucerna dinanzi a Dio, e nulla può uscire da noi che sia più capace di attirarlo a noi, o di costringerlo a darci nuove grazie.

Se dunque non vogliamo aderire alle seduzioni del demonio, non lasciamo mai un’opera buona, qualunque disgusto ne possa derivare. E ciò tanto più quando dal seguente paragrafo avremo conosciuto il gran frutto che si può ricavare dall’umile perseveranza negli esercizi di pietà nel tempo di maggiore aridità.

 

L’anima non deve contristarsi per le tentazioni

I beni che emergono dalle nostre aridità, come anche dai difetti dei nostri esercizi di pietà, sono certamente infiniti. Però, senza umiltà e pazienza, non possiamo volgerli a nostro profitto. Quante tristi ore e quante cattive giornate saranno risparmiate, se sapremo ben penetrare questo segreto.

A torto noi giudichiamo come segni di avversione e di orrore da parte di Dio, queste che sono testimonianze di amor divino. Mentre appunto siamo favoriti dalla sua bontà, noi ci crediamo colpiti dalla sua collera! Non ci accorgiamo che le penose sensazioni prodotte in noi dalle aridità interiori non hanno altra origine fuorché il desiderio che noi nutriamo di essere accetti a Dio. Zelatori fervidi di ciò che riguarda il suo servizio, non pensiamo che ciò appunto che ci affligge altro non è che la privazione di tali sentimenti. Per le pene e i disgusti che ci oppri­mono ci persuadiamo facilmente che noi dispiacciamo a Dio come dispiacciamo a noi stessi. Questo appunto è il buon effetto di una buona causa; questo avviene soltanto a quelli che vogliono vivere da veri servi di Dio e tenersi lontani da quanto non solo può offenderlo, ma anche dispiacergli.

Non vediamo all’opposto che i grandi peccatori e quelli che condu­cono una vita mondana non si lamentano gran che di queste tentazioni? È questa una medicina che, lungi dall’essere piacevole, fa anzi rivoltare lo stomaco, perché l’anima che poco o tanto ne risente, non vuol battere affatto quella via, nella quale vede o sente delle ripugnanze. L’anima che vorrebbe essere continuamente nella gioia e nella consola­zione, reputa opera infruttuosa o inutile tutto ciò che non le reca dol­cezza. Invece, senza accorgercene, ci gioverà mirabilmente, perché, quanto più la tentazione ci affliggerà – sia essa anche tanto terribile da spaventare e scandalizzare la nostra mente – tanto più ci umilierà, e tanto maggior profitto ne ritrarremo!

 

Dio ci invia le tentazioni unicamente per il nostro bene spirituale

Noi siamo, per natura, superbi, ambiziosi e amici dei nostri sensi. In tutto ci aduliamo e ci riteniamo da più di quel che realmente siamo. Però, questa presunzione tanto si oppone all’avanzamento spiri­tuale, che anche solo il nutrirla di nascosto è di ostacolo alla vera perfe­zione. È un male, per noi, forse invisibile; ma Dio, che ben lo conosce e che tanto ci ama, procura sempre di disingannarcene, di farci rientrare in noi stessi, persuadendoci di questa illusione dell’amor proprio, e condu­cendoci a conoscere noi stessi.

Non fu infatti per condurre l’Apostolo a conoscersi per quel che era e per liberarlo dalla presunzione, che Egli permise che S. Pietro lo negasse e lo misconoscesse? Non fu ugualmente per liberarlo da questa peste dell’anima – la quale poteva fargli abusare delle altre rivelazioni ricevute – che Dio afflisse S. Paolo da una tale tentazione umiliante, che ad ogni istante gli desse la sensazione della propria naturale debolezza?

Ammiriamo dunque la bontà e la sapienza di Dio che reagisce verso di noi per mezzo di noi stessi, e tanto bene ci tratta, che tante volte non ce ne accorgiamo: quando appunto crediamo di aver ricevuto del male.

Se il cuore è freddo, pensiamo che ne è causa la nostra imperfe­zione e insensibilità nelle cose di Dio. Persuadiamoci che non c’è anima più distratta e abbandonata della nostra; che Dio non ha nessuno tra i suoi servi più miserabile e più pigro di noi, e che i pensieri che ci passano per la mente sono propri di gente perduta e abbandonata.

Quindi per mezzo di questa celeste medicina avverrà che, da pre­suntuosi che eravamo, cominceremo a crederci indegni del nome di cri­stiani e stimarci i peggiori fra gli uomini. Abbandoneremo quella super­bia di pensieri che emergono dall’orgoglio naturale. Potremo guarire da quella superbia gonfia. Infatti, potrebbero scomparire in altro modo dalla mente e dal cuore le pestilenziali emanazioni della vanità?

Né questo spirito di umiltà è il solo profitto che possiamo trarre dalle tentazioni e dalle afflizioni interne. Queste pongono in angustie l’a­nima nostra e ne bandiscono quanto di sensibile ha la devozione, met­tendoci nella necessità di ricorrere a Dio, di fuggire tutto quanto possa dispiacergli, e di praticare la virtù con maggior diligenza che per il pas­sato. Queste afflizioni sono inoltre una purificazione: se le accettassimo con umiltà e pazienza, ci preparerebbero una sorte gloriosa.

Posto pertanto che l’anima sia persuasa di quanto si disse, pen­siamo se abbia motivo di uscire dalla pace e di agitarsi per aver perduto il gusto della preghiera o per trovarsi assalita da spirituali combattimenti! Pensiamo se a buon diritto essa potrebbe qualificare per persecuzione del demonio, ciò che invia la mano di Dio, e le testimonianze dell’amore divino per contrassegni dell’odio!

L’anima ridotta in tale stato null’altro faccia che umiliarsi davanti a Dio, null’altro che perseverare e tollerare con pazienza il disgusto che prova negli esercizi di pietà, null’altro che conformarsi alla divina volontà. Riposi in Dio, con quell’umile accondiscendenza a quanto viene dalla sua mano che è la mano del Padre suo che sta nei cieli. Insomma, invece di abbandonarsi alla tristezza o allo scoraggiamento, renda nuova­mente grazie a Dio e perseveri nello stato di pace e di totale abbandono al suo beneplacito.

 

Mezzi per non affliggersi nelle cadute

Se pertanto ci accadesse di peccare con opere o con parole, di andare in collera per qualche avvenimento, di essere distratti dai nostri pii esercizi per qualche vana curiosità, di cader in manifestazioni di gioia smodata, di giudicare male del prossimo, o di cader in altro modo nella stessa colpa o in quella su cui proponemmo di stare più guardinghi, non dobbiamo per questo inquietarci. Neppure dobbiamo riandare troppo con la mente quanto ci accadde per affliggercene e sconfortarci con il pensiero di non poterci emendare o di non fare quanto dovremmo nei nostri esercizi. Se li facessimo anche meno frequentemente cadremmo nel medesimo difetto. Questa afflizione di spirito e perdita di tempo va evitata.

Non dobbiamo poi fermarci troppo a investigare le circostanze del tempo in cui cademmo, se lungo o breve, e se vi fu o meno consenso. Ciò vale solo a turbare lo spirito prima o dopo la confessione, come se non ci fossimo accusati di quanto dovevamo e nel debito modo.

Se ben conoscessimo la nostra naturale debolezza, e il modo da tenersi con Dio dopo le cadute, non dovremmo avere tutte queste inquietudini. Non ricorriamo a Dio per mezzo del rincrescimento che turba e abbatte, sia che si tratti di colpe leggere o di più gravi, di colpe commesse più per tiepidezza che di colpe commesse per pura malizia. E questo è ciò che molti non intendono, invece di mettere in pratica que­sto importante ammaestramento, della filiale confidenza nella bontà e misericordia di Dio, e si abbattono talmente, che, a stento, possono pen­sare al bene, e conducono una vita di miseria e di languore, perché vogliono anteporre, alla vera e salutare dottrina, le loro fantastiche idee.

 

L’anima deve porsi nella calma, senza perdere tempo per le inquietudini che la molestano

Teniamo per regola: ogni qual volta cadessimo in qualche colpa grave o leggera, anche deliberatamente e mille volte al giorno, appena l’abbiamo conosciuta, di riflettere alla nostra fragilità e di ricorrere a Dio, con umiltà. Diciamogli con dolce e affettuosa confidenza: voi avete visto, o mio Dio, che io ho fatto quanto potevo; avete visto che cosa io sono; il pec­cato non genera che peccato. Voi mi avete accordato la grazia di pentirmi. Ora supplico la vostra bontà a volermi perdonare e far sì che non vi offenda mai più. Fatta questa preghiera, non ci perdiamo a riflettere, con inquie­tudine, se Dio ci avrà perdonato. Applichiamoci nuovamente ai nostri esercizi, con umiltà e tranquillità, senza pensare a ciò che accadde e con la stessa fiducia di prima. Qualunque sia il numero delle volte in cui siamo caduti, fossero anche mille, comportiamoci nell’ultima caduta come nella prima. Così agendo, oltre che fare sempre ritorno a Dio (il quale da buon Padre è sempre disposto a riceverci ogni volta che ci rivol­giamo a Lui) non perderemo il tempo in ansie che turbano lo spirito e impediscono di rientrare nella calma e nella fiducia.

Vorrei infine che quelle anime, le quali si inquietano e si scorag­giano per le loro cadute, volessero saggiamente e debitamente intendere questo segreto spirituale. Allora conoscerebbero come si diversifichi codesto stato da quello che è internamente umile e tranquillo, dove regnano la pace e l’umiltà, e quanto danno porti la perdita di tempo, causata dalle loro inquietudini.

20140221-132424.jpg

Quali sono le parole importanti nella vita? quelle che solleticano la nostra vanita’? quelle che ci danno sempre ragione? o quelle ricche di complimenti!? o quelle che ci raccontano di quanto siamo belli, bravi e i migliori!? No ! Le parole,le uniche vere ed importanti sono quelle di Verita’ !! La verita’ e’ l’unica cosa reale,tutto il resto e’ pura finzione,illusione ideologica ed intellettuale. Da dove sgorga la Verita’? La Verita’ sgorga da Dio. Io,da peccatore mondano,tra alcool e feste,come potevo salvarmi se continuavo ad ascoltare solo me stesso,la mia vanita’,la mia superbia e gli uomini!?  Gesu’,Lui mi ha salvato! Le sue parole,non accondiscendenti (come quelle dei falsi amici),ma quelle vere,autoritarie,pure,pulite,universali; di amore,impegno,sacrificio,forza spirituale.

Lui,al suo tempo,si fermava spesso ad insegnare,non solo nel tempio,ma anche per strada,su un monte ed anche in pianura,ed e’ proprio quando si trovava in una pianura della Giudea che accortosi che molte persone lo seguivano elargi’ quella sua immensa conoscenza,quel suo immenso amore a tutti; quelle sue parole sono arrivate a me,a noi,tramite l’Apostolo Luca. Eccole:
 
Gesu’ insegna alla folla – C’era una gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea,da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie;anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo,perche’ da lui usciva una forza che guariva tutti.
 
Benedizioni e minacceEd Egli,alzati gli occhiverso i suoi discepoli,diceva:
 
< Beati voi,poveri,
perche’ vostro e’ il regno di Dio.
Beati voi,che ora avete fame,
perche’ sarete saziati.
Beati voi,che ora piangete,
perche’ riderete.
Beati voi,quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame,a causa del figlio dell’Uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perche’,ecco, la vostra ricompensa e’ grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi,ricchi,
perche’ avete gia’ ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi,che ora siete sazi,
perche’ avrete fame.
Guai a voi,che ora ridete,
perche’ sarete nel dolore e piangerete.
Guai,quando gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.
 
Amore per i nemici – Ma a voi che ascoltate,io dico: amate i vostri nemici,fate del bene a quelli che vi odiano,benedite coloro che vi maledicono,pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia,offri anche l’altra,a chi ti strappa il mantello,non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede e a chi prende le cose tue,non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi,cosi anche voi fate a loro.
Se  amate quelli che vi  amano,quale gratitudine vi e’ dovuta? Anche i peccatori amano quelli che gli amano. E se fate del bene a coloro che fanno dl bene a voi,quale gratitudine vi e’ dovuta?  Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate di ricevere,quale gratitudine vi e’ dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettatnto. Amate invece i vostri nemici,fate del bene e prestate senza sperarne nulla e la vostra ricompensa sara’ grande e sarete figli dell’ Altissimo,perche’ Egli e’ benevolo verso gli ingrati e malvagi. Siate misericordiosi,come il Padre vostro e’ misericordioso.
 
Non giudicare –  Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sara’ dato; una misura buona,pigiata,colma e traboccante vi sara’ versata nel grembo,perche’ con la misura con la quale misurate,sara’ misurato a voi in cambio>.
Disse loro anche una parabola (Gesu’ usava spesso parlare in metafora) : < Puo’ forse un cieco guidare un’altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?  Un discepolo non e’ piu’ del suo maestro,ma ognuno,che sia ben preparato,sara’ come il suo maestro.
Perche’ guardi la pagliuzza che e’ nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che e’ nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: ” Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che e’ nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che e’ nel tuo occhio? Ipocrita ! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
 
L’albero e i suoi fruttiNon vi e’ albero buono che produca un frutto cattivo,ne vi e’ d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto; non si raccolgono fichi dagli spini,ne si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male; la sua bocca infatti esprime cio’ che dal suo cuore sovrabbonda.
 
La casa sulla roccia – Perche’mi invocate : ” Signore,Signore ! ” e non fate quello che vi dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrero’ a chi e’ simile: e’ simile a un uomo  che costruendo una cosa,ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena,il fiume investi’ quella casa,ma non riusci’ a smuoverla perche’ era costruita bene. Chi invece ascolta e non mette in pratica,e’ simile a un uomo che ha costruito una casa sulla sabbia,senza fondamenta. Il fiume la investi’ e subito crollo’; e la distruzione di quella casa fu grande>.
 
 
Questo e’  l’insegnamento che mi ha fatto cambiare vita,i miei occhi ora vedono,le mie orecchie ora sentono,Gesu’ e’ vivo,e’ qui,e’ la via,la Verita’ e la vita.
Pace a voi fratelli: vi lascio una parabola di Gesu’ molto eloquente ed utile per capire gli altri e se stessi.
 
Parabola del seminatore – Poiche ‘ una gra folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni citta’, Gesu’ disse con una parabola : «Il seminatore uscì a seminare la sua semenza; e, mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada: fu calpestato e gli uccelli del cielo lo mangiarono.  Un’altra cadde sulla roccia: appena fu germogliato seccò, perché non aveva umidità.  Un’altra cadde in mezzo alle spine: le spine, crescendo insieme con esso, lo soffocarono.  Un’altra parte cadde in un buon terreno: quando fu germogliato, produsse il cento per uno». Dicendo queste cose, esclamava: «Chi ha orecchi per udire oda!»  I suoi discepoli gli domandarono che cosa volesse dire questa parabola.  Ed egli disse: «A voi è dato di conoscere i misteri del regno di Dio; ma agli altri se ne parla in parabole, affinché vedendo non vedano, e udendo non comprendano.
 
Or questo è il significato della parabola: il seme è la parola di Dio.  Quelli lungo la strada sono coloro che ascoltano, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dal loro cuore, affinché non credano e non siano salvati.  Quelli sulla roccia sono coloro i quali, quando ascoltano la parola, la ricevono con gioia; ma costoro non hanno radice, credono per un certo tempo ma, quando viene la prova, si tirano indietro.  Quello che è caduto tra le spine sono coloro che ascoltano, ma se ne vanno e restano soffocati dalle preoccupazioni, dalle ricchezze e dai piaceri della vita, e non arrivano a maturità.  E quello che è caduto in un buon terreno sono coloro i quali, dopo aver udito la parola, la ritengono in un cuore onesto e buono, e portano frutto con perseveranza.  Nessuno mette una lampada e la copre con un baso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro,perche’ chi entra veda la Luce. Non c’e’ nulla di segreto che non sia manifestato,nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perche’ a chi ha,sara’ dato,ma a chi non ha,sara; tolto anche cio’ che crede di avere>. 
 
 
Dopo questa parabola,credo sia opportuno farvi conoscere cio’ che disse Gesu’ riguardo alla sua  “morte”  ed alla risurrezione.
 
Primo annuncio della morte e della resurrezione – Egli ordino’ loro severamente di non riferirlo ad alcuno. 
Il figlio dell’ uomo – disse – deve soffrire molto,essere rifiutato dagli anziani,dai capi dei sacerdoti e dagli scribi,venire ucciso e risorgere il terzo giorno>.
Poi,a tutti,diceva: < Se qualcuno vuole venire dietro a me,rinneghi se stesso,prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
Chi vuole salvare la propria vita,la perdera’,ma chi perdera’ la propria vita per causa mia.la salvera’. Infatti,quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero,ma perde o rovina se stesso? Chi si vergognera’ di me e delle mie parole,di lui si vergognera’ il Figlio dell.uomo quando verra’ nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi. In verita’ io vi dico,vi sono alcuni,qui presenti,che non morranno prima di aver visto il regno di Dio.
 
 
Gesu’ che e’ venuto ad abobolire i vanitosi ed i superbi,ammonisce i discepoli ( ed anche noi quando cadiamo nella tentazione della vanita’ e della superbia dobbiamo ricordare queste parole).
 
 
Chi e’ piu’ grande – Nacque poi una discussionetra loro,chi di loro fosse il piu’ grande. Allora Gesu’,conoscendo il pensiero del loro cuore,prese un bambino,se lo mise vicino e disse loro :< Chi accogliera’ questo bambino nel mio nome,accoglie me; e chi accoglie me,accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti e’ il piu’ piccolo fra tutti voi,questi e’ grande>.
 
 
Dopo che successero queste cose,Gesu’ si incammino’ insieme ai suoi discepoli verso Gerusalemme e in questo cammino insegno molte altre verita’ destinate a guidare i passi dell’umanita’ in eterno; come una lampada nella notte per i propri passi.
 
 
 Come seguire Gesu’ – Mentre camminavano per la strada,un tale gli disse:< Ti seguiro’ ovunque tu vada>. E Gesu’ gli rispose:< Le volpi hanno le loro tane e glu uccelli del cielo i loro nidi ,ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo>. A un’altro disse :< Seguimi>. E costui rispose:< Signore,permettemi di andare prima a seppellire mio padre>. Gli replico’:< Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio>. Un’altro disse:< Ti seguiro’,Signore,prima pero’ lascia che mi congedi da quelli di casa mia. Ma Gesu’ gli rispose:< Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro e’ adatto per il regno di Dio.>
 
Inno di lode – In quella stessa ora Gesu’ esulto di gioianello Spirito Santo e disse :< Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra,perche’ hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli,Si, o Padre, perche’ cosi’ hai deciso nella tua benevolenza. Tutto e’ stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa’ chi e’ il Figlio se non il Padre,ne’ chi e’ il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorra’ rivelarlo>.
E,rivolto ai discepoli,in disparte,disse :< Beati gli occhi che vedono cio’ che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere cio’ che voi guardate,ma non lo videro,e ascoltare cio’ che voi ascoltate,ma non lo ascoltarono>. 
 
La vera beatitudine – Mentre diceva questo,una donna dalla folla alzo’ la voce e gli disse :< Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato! >. Ma egli disse:< Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la ossevano!>.
 
La lampada del corpo e’ il tuo occhio – Nessuno accende una lampada e la mette in un luogo nascosto o sotto il moggio,ma sul candelabro,perche’ chi entra veda la luce. La lampada del corpo e’ il tuo occhio . Quando il tuo occhio e’ semplice,anche tutto il tuo corpo e’ luminoso; ma se e’ cattivo,anche il tuo corpo e’ tenebroso. Bada dunque che la luce che e’ in te non sia tenebra. Se dunque il tuo corpo e’ tutto luminoso,senza avere alcuna parte nelle tenebre,sara’ tutto nella luce,come quando la lampada ti illumina con il suo fulgore>.
 
Gesu’ contro i dottori della legge – Mentre stava parlando,un fariseo lo invito’ a pranzo. Egli ando’ e si mise a tavola. Il fariseo vide e  si meraviglio’  che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il signore gli disse:< Voi farisei  pulite l’esterno del bicchiere e del piato,ma il vostro interno e’ pieno di avidita’ e di cattiveria. Stolti ! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno?  Date piuttosto in elemosina quello che c’e’ dentro, ed ecco, per voi tutto sara’ puro. Ma guai a voi,farisei,  che pagate la decima sulla menta,sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare,senza trascurare quelle. Guai a voi,farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze. Guai a voi, perche’ siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo>.
Intervenne uno dei dottori della legge e gli disse:<  Maestro,dicendo questo,tu offendi anche noi. Egli rispose:< Guai a voi,dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito ! Guai a voi,che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Cosi’ voi testimoniate e approvate  le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite. Per questo la sapienza di Dio ha detto:< Mandero’ loro profeti ed apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno>,perche’ a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti,versato fin dall’inizio del mondo; dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria,che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Si, io vi dico,  ne sara’ chiesto conto a questa generazione. Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi lo avete impedito>.
Quando fu uscito di la,gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti,tendendogli insidie,per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
 
Riconoscere Gesu’ senza ipocrisia ne timore – Intanto si erano radunate migliaia di persone,al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesu’ comincio’ a dire anzitutto ai suoi discepoli:< Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che e’  l’ipocrisia. Non c’e’ nulla di nascosto che non sara’ svelato,ne di segreto che non sara’ conosciuto. Quindi cio’ che avrete detto nelle tenebre sara’ udito in piena luce,e cio’ che avrete detto all’orecchio nelle stanze piu’ interne sara’ annunciato dalle terrazze.
Dico a voi,amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare piu’ nulla. Vi mostrero’ invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna (l’inferno). Si, ve lo dico, temete costui.  Cinque passeri non si vendono forse per due soldi ?  Eppure nemmeno uno di essi e’ dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.
Non abbiate paura: valete piu’ di molti passeri !
Io vi dico: chiunque mi riconoscera’ davanti agli uomini,anche il Figlio dell.uomo lo riconoscera’ davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnega davanti agli uomini, sara’ rinnegato davanti agli angeli di Dio.
Chiunque parlera’ contro il Figlio dell’uomo,gli sara’ perdonato; ma a chi parlera’ contro lo Spirito Santo, non sara’ perdonato.
Quando vi porteranno davanti alla sinagoghe,ai magistrati e alle autorita’,non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perche’ lo Spirito Santo vi insegnara’ in quel momento cio’ che bisogna dire>.
 
 
Questa parabola che segue e’ molto importante,poiche’ ci fa capire come noi apparteniamo a Dio, e quando Lui vuole,in ogni momento,ci puo’ richiamare a se,strappandoci via da questo mondo, e noi saremmo costretti a lasciare qui tutto cio’ che erroneamente credevamo di possedere.
 
 
Parabola del ricco stolto – Uno della folla gli disse:< Maestro, di a mio fratello che divida con me l’eredita’ >. Ma egli rispose :< O uomo,chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi ?  >. E disse loro:< Fate attenzione e tenetevi lontano da ogni cupidigia perche’, anche se uno e’ nell’abbondanza,la sua vita non dipende da cio’ che egli possiede>.
Poi disse loro una parabola:< La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra se: Che faro’ poiche’ non ho dove mettere i miei raccolti ? Faro’ cosi’ – disse – demoliro’ i miei magazzini e ne costruiro’ altri piu’ grandi e vi raccogliero’ tutto il grano e i miei beni. Poi diro’ a me stesso: Anima mia,hai a disposizione molti beni,per molti anni; riposati,mangia,bevi e divertiti ! Ma Dio gli disse: Stolto,questa notte stessa ti sara’ richiesta la tua vita. E quello che hai praparato, di chi sara’? Cosi’ e’ di chi accumula tesori per se’ e non si arricchisce presso Dio>.
 
Fiducia nella provvidenza – Poi disse ai suoi discepoli:< Per questo io vi dico: non preoccupatevi per la vita,di quello che mangierete; ne per il corpo, di quello che indosserete. La vita infatti vale piu’ del cibo e il corpo piu del vestito. Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno dispensa ne granaio,eppure Dio li nutre. Quanto piu’ degli uccelli valete voi ! Chi di voi, per quanto si preoccupi,puo’ allungare anche di poco la propria vita ?  Se non potete fare neppure cosi’ poco,perche’ vi preoccupate per il resto ?  Guardate come crescono i gigli; non faticano e non filano. Eppure io vi dico; neanche Salomone,con tutta la sua gloria,vestiva come uno di loro. Se dunque Dio veste cosi’ bene l’erba nel campo,che oggi c’e’  e domani si getta nel forno, quanto piu’ fara’ per voi,gente di poca fede. E voi, non state a domandarvi che cosa mangierete e berrete e non state in ansia: di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa’ che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non temere,piccolo gregge,perche’ al Padre vostro e’ piaciuto dare a voi il Regno.
 
Non pace, ma divisione – Sono venuto a gettare fuoco sulla terra,e quanto vorrei  che fosse gia’ acceso !  Ho un battesimo nel quale saro’ battezzato, e come sono angosciato ficnhe’ non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No,io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone,saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre,madre contro figlia e figlia contro madre,suocera contro nuora e nuora contro suocera.>.
 
I segni dei tempi – Diceva ancora alle folle: < Quando vedete una nuvola salira da ponente,subito dite:” Arriva la pioggia”,e cosi’ accade. E quando soffia lo scirocco,dite:< Fara’ caldo”, e cosi’ accade. Ipocriti ! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo ? E perche’ non giudicate voi stessi cio’ che e’ giusto ?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato,lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui,per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di la’ finche non avrai ripagato fino all’ultimo spicciolo>.
 
Marta e Maria –  “Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella di nome Maria la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua Parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte buona, che non le sarà tolta.>
 
Gesu’ insegna a pregare –*Un giorno Gesù si trovava a pregare: quando ebbe finito uno dei discepoli gli chiese: Signore, insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli. *Egli disse loro: Quando pregate dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen.
 

*E aggiunse loro: Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte e gli dice: Amico, prestami tre pani, *perché un amico mio è arrivato da un viaggio e non ho nulla da offrirgli; *se quello dall’interno risponde: Non mi dar seccature, ora la porta è chiusa e i miei figli stanno a letto con me, non posso alzarmi e darteli; *io vi dico che, anche se non si alza a darglieli in quanto amico, pure per l’importunità sua si alzerà e gli darà quanto gli occorre. *Perciò vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. *Infatti chiunque domanda riceve, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. *E chi è tra voi quel padre che al figlio, il quale chieda un pane, dia un sasso? Oppure dia un serpente se chiede un pesce? *Oppure uno scorpione se chiede un uovo? *Se dunque voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre che è nei cieli darà lo Spirito Santo a coloro che glielo domandano.

Necessita’ della conversione – *In quello stesso momento si presentarono alcuni a riferirgli il fatto dei galilei che Pilato aveva fatto uccidere mescolando il loro sangue con quello dei loro sacrifici. *Egli rispose loro: Credete voi che quei galilei fossero più peccatori di tutti i galilei per avere subito una tale sorte? *No, vi dico, ma se non vi ravvedete, tutti perirete allo stesso modo. * E quei diciotto sui quali cadde la torre di Siloe e li uccise, credete voi che fossero più colpevoli di tutti gli altri abitanti di Gerusalemme? *No, vi dico, ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo.

Umilta’ e generosita’ – *Quando sei invitato da qualcuno a nozze, non metterti al primo posto, perché non avvenga che uno più ragguardevole sia stato da lui invitato *e, venendo colui che invitò te e lui, ti dica: Cedigli il posto. Allora tu con vergogna dovresti occupare l’ultimo posto. *Ma quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto affinché, venendo chi ti ha invitato, ti dica: Amico, passa più su. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. *Perché chi si esalta sarà abbassato e chi si abbassa sarà esaltato. *Poi disse a colui che lo aveva invitato; Quando tu dai un pranzo o una cena, non chiamare i tuoi amici, né i tuoi fratelli,né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché essi non ti invitino a loro volta e così tu abbia il contraccambio. *Ma quando dai un pranzo, invita i poveri, storpi, zoppi, ciechi, *e sarai fortunato perché non hanno da contraccambiarti. Il contraccambio ti sarà dato infatti nella resurrezione dei giusti.

Condizioni per seguire Gesu’ –

*E poiché molta gente andava con lui, egli si volse e disse loro: *Se uno viene a me e non mi ama piu’ di quanto ami suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle, e perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo. *Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. * Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? *Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo dicendo: *Quest’uomo ha cominciato a costruire e non ha potuto finire. *Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non si siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene contro con ventimila? *Se no, mentre quello è ancora lontano, gli manda un’ambasciata per chiedergli le condizioni di pace. *Così chiunque di voi non rinuncia a tutto quello che ha, non può essere mio discepolo. *Buono è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa si salerà? *Non serve né per la terra, né per il concime, e così lo si butta via. Chi ha orecchi per intendere, intenda.

Parabola della pecora smarrita – *Si avvicinavano a lui tutti gli esattori del fisco e i peccatori per ascoltarlo; *e i farisei e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia insieme con essi. *Allora egli raccontò loro questa parabola: *Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una , non lascia le novantanove nel deserto per andare in cerca di quella perduta finché non la trova? *E, trovatala, se la mette sulle spalle tutto contento *e, giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: Rallegratevi con me perché ho ritrovato la mia pecora, quella che era perduta. *Così vi dico, vi sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si converte che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

Non potete servire Dio e la ricchezza –

*Chi è degno di fiducia in un affare di poca importanza, è degno di fiducia anche in uno importante; chi truffa in un affare minimo, è truffatore anche in quelli grandi. *Se dunque non siete stati degni di fiducia riguardo all’uso della ricchezza disonesta, chi vi affiderà il vero bene? *E se non siete stati degni di fiducia nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? *Nessun servo può servire a due padroni: infatti o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure parteggerà per l’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e al denaro. *I farisei, che erano attaccati al denaro, udivano tutte queste cose e lo deridevano. *Egli disse loro: Voi vi mostrate giusti agli occhi degli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori; ciò che per gli uomini è eccelso, è detestabile davanti a Dio.

Parabola del ricco e del povero –

*C’era un uomo ricco che portava vesti splendide e raffinate e tutti i giorni banchettava sontuosamente. *E c’era un povero, di nome Lazzaro, che giaceva, coperto di piaghe, all’ingresso del suo portone, *bramoso di sfamarsi con ciò che veniva scartato dalla mensa del ricco; ma perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. *ora il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo; anche il ricco morì e fu sepolto. *E dal soggiorno dei morti, immerso nei tormenti, questi, alzando gli occhi, vide Abramo da lontano e accanto a lui Lazzaro. *E gli gridò: Padre Abramo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del suo dito per rinfrescare la mia lingua, perché io sono tormentato tra queste fiamme. *Ma Abramo: Figlio, ricordati che tu hai ricevuto i tuoi beni durante la vita come Lazzaro i suoi mali; ora egli è consolato e tu sei tormentato. *Inoltre tra noi e voi c’è un grande abisso, cosicché, anche volendo, non si può di qui passare da voi, né da costì può alcuno passare da noi. *Quello replicò: Allora, Padre, ti prego, manda Lazzaro a casa di mio padre, *perché ho cinque fratelli; li avverta affinché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. *Gli rispose Abramo: Hanno Mosè e i profeti; li ascoltino. *E quello ancora: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si convertiranno. *Gli rispose Abramo: Se non ascoltano Mosè e i profeti, anche se uno risuscitasse dai morti non si lascerebbero convincere.

Scandalo e perdono –

*Disse ancora ai suoi discepoli: E’ inevitabile che ci siano occasioni di peccato; ma guai a colui per colpa del quale esse avvengono. *Meglio sarebbe per lui buttarsi nel mare con una macina da mulino appesa al collo, piuttosto che essere occasione di peccato a uno di questi piccoli. *State attenti a voi stessi. Se tuo fratello pecca, riprendilo; se si pente perdonagli; *e se sette volte al giorno pecca contro di te e sette volte torna da te dicendo: Mi pento, gli perdonerai.

Fede e umilta’- *Allora dissero gli apostoli al Signore: Accresci la nostra fede. *Il Signore rispose: Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: sradicati e trapiantati nel mare, ed esso vi obbedirebbe. *Chi di voi, se ha un servo ad arare o a custodire il gregge, quando questi ritorna dai campi gli dice: Vieni qua, presto mettiti a tavola? Non gli dirà invece: *Preparami da cenare, cingiti la veste per servirmi finché io abbia mangiato e bevuto, poi mangerai e berrai anche tu? *Egli si riterrà obbligato verso quel servo perché ha fatto ciò che gli era stato comandato? *Così anche voi, quando avrete fatto tutte le cose che vi sono comandate, dite: Siamo semplici servi. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.

La venuta del regno di Dio –  

*Poi, interrogato dai farisei quando sarebbe venuto il regno di Dio, egli rispose loro: Il regno di Dio non viene in modo spettacolare; *non si potrà dire: Eccolo qui, oppure: Eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi. *Allora disse ai suoi discepoli: Verrà il tempo in cui desidererete vedere anche un solo giorno del Figlio dell’uomo, e non lo vedrete. *E vi diranno: Eccolo qui, eccolo là. Non vi muovete, né andatene in cerca. *Come infatti il lampo risplende guizzando da un capo all’altro del cielo, così sarà del Figlio dell’uomo nel suo giorno. *Prima però è necessario che egli soffra molto e sia rifiutato da questa generazione. *E come avvenne nei giorni di Noè, così sarà anche nei giorni del Figlio dell’uomo. *Si mangiava, si bevevo, si prendeva moglie e si andava a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca; allora venne il diluvio e li distrusse tutti. *Lo stesso avvenne nei giorni di Lot: si mangiava, si bevevo, si comprava e si vendeva, si piantava e si costruiva, *ma nel giorno che Lot uscì da Sodoma, Dio fece cadere una pioggia di fuoco e zolfo e li distrusse tutti. *Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si rivelerà. *In quel giorno chi sarà sulla terrazza e avrà i suoi arnesi in casa, non scenda a prenderli; e chi sarà in campagna, non torni indietro. *Ricordatevi della moglie di Lot. *Chi cercherà di conservare la propria vita la perderà, e chi la perderà la salverà. *Vi dico: In quella notte due persone si troveranno nello stesso letto: uno sarà preso e l’altro lasciato; *due donne staranno a macinare nello stesso posto: una sarà presa e l’altra lasciata. *Prendendo la parola, i discepoli gli chiesero: Dove Signore? Rispose: Dove sarà il cadavere là si raduneranno anche gli avvoltoi.

Parabola del fariseo e del pubblicano –

“Poi Gesù raccontò un’altra parabola per alcuni che si ritenevano giusti e disprezzavano gli altri. Disse: “Una volta c’erano due uomini: uno era fariseo e l’altro era esattore delle tasse. Un giorno salirono al tempio per pregare. Il fariseo se ne stava in piedi e pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché io non sono come gli altri uomini: ladri, imbroglioni, adulteri. Io sono diverso anche da quell’esattore delle tasse. Digiuno due volte alla settimana e offro al tempio la decima parte di quello che guadagno”. L’agente delle tasse invece si fermò indietro e non voleva neppure alzare lo sguardo al cielo. Anzi si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me: sono un povero peccatore!”. Vi assicuro che l’esattore delle tasse tornò a casa perdonato; l’altro invece no. Perché chi si esalta sarà abbassato; chi invece si abbassa sarà innalzato”.

Dopo tutte queste cose,Gesu’ entro’ in Gerusalemme dove stava per compiersi il suo destino. Fino all’ultimo cerco’ di insegnare la via della Luce.

Gesu’ scaccia i venditori dal Tempio – Gesù entrò nel tempio e si mise a scacciare i venditori *dicendo: Sta scritto: La mia casa sarà una casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto un rifugio di ladri! *Ogni giorno poi insegnava nel tempio. I sacerdoti e gli scribi cercavano di toglierlo di mezzo, e così pure i capi del popolo; *ma non sapevano come fare perché il popolo tutto gli stava appresso per ascoltarlo.

La risurrezione dei morti –

*Allora si avvicinarono a lui alcuni sadducei, i quali negano la risurrezione dei morti, e gli posero questa domanda: *Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se uno ha un fratello sposato che muore senza lasciare figli, egli sposi la vedova e dia una discendenza a suo fratello. *Ora c’erano sette fratelli: il primo prese moglie e morì senza figli; *il secondo *e poi il terzo la presero,e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. *Infine anche la donna morì. *La donna dunque, nella risurrezione, di chi di loro sarà moglie, dato che tutti e sette l’hanno avuta in moglie? *Rispose loro Gesù: Coloro che appartengono a questo mondo prendono moglie e marito, *ma coloro che sono giudicati degni di partecipare al mondo futuro e di risorgere dai morti non prendono né moglie né marito. *Infatti essi non sono più soggetti alla morte, perché sono simili agli angeli e, in quanto risuscitati, sono figli di Dio. *Che poi i morti abbiano a risorgere, anche Mosè lo dichiarò nel passo del roveto, quando chiamò il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. *Non è dunque un Dio di morti, ma di vivi, perché tutti vivono per lui. *Alcuni scribi prendendo la parola dissero: Maestro, hai detto bene. *Né più osavano fargli alcuna domanda.

Guardatevi dagli scribi – E mentre tutto il popolo lo esaltava, egli disse ai suoi discepoli: *Guardatevi dagli scribi, che ci tengono a passeggiare in vesti da dignitari e hanno piacere d’essere riveriti nelle piazze, e avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti. *Essi divorano le case delle vedove e ostentano lunghe preghiere: riceveranno una condanna più severa.

Questo che segue e’ la profezia di Gesu’ sulla FINE DEI TEMPI ed il suo ritorno sulla terra.

Gesu’ annuncia distruzioni e persecuzioni – *Poi, avendo alcuni fatto osservare che il tempio era adorno di belle pietre e di ex-voto, Gesù disse: *Di tutto quello che voi ammirate, verranno giorni in cui non resterà pietra su pietra che non sia abbattuta. *Gli domandarono: Maestro, quando dunque accadranno queste cose o quale sarà il segno che queste cose stanno per accadere? *Rispose: State attenti a non farvi sviare, perché molti verranno nel mio nome dicendo: Sono io, e: Il momento è arrivato: Non li seguite. *Quando sentirete parlare di guerre e di sconvolgimenti, non spaventatevi, perché prima devono accadere queste cose, ma non sarà subito la fine. *E aggiunse: Si solleverà un popolo contro l’altro e un regno contro l’altro; *vi saranno grandi terremoti, e in diversi luoghi carestie ed epidemia; vi saranno fenomeni terrificanti e grandi segni dal cielo. *Ma prima che tutto ciò avvenga, metteranno le mani su di voi, vi perseguiteranno e vi trascineranno nelle sinagoghe e nelle prigioni, davanti a re e governanti a causa del mio nome. *Ma questo sarà per voi un’occasione di rendermi testimonianza. *Mettetevi dunque bene in mente di no n premeditare la vostra difesa. *Io vi darò una eloquenza e una sapienza, a cui non potranno resistere o contraddire tutti i vostri avversari. *Voi sarete traditi perfino da genitori e fratelli, parenti e amici; e alcuni di voi saranno uccisi, *e sarete odiati da tutti a causa del mio nome. *Ma neppure un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

La venuta del Figlio dell’uomo – *Quando poi vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che è giunta l’ora della sua distruzione. *Allora coloro che sono in Galilea fuggano sui monti, e quelli che sono in città escano; e quelli che sono in campagna non rientrino in città. *Quelli saranno giorni di castigo perché si compiano tutte le profezie. *Guai alle donne incinte e che allattano in quei giorni. Perché vi sarà una grande calamità nel paese, il castigo su questo popolo. *Essi cadranno divorati dalla spada e saranno condotti schiavi tra tutti i popoli, e Gerusalemme sarà calpestata dai pagani, finché sia compiuto il tempo dei pagani. *Allora vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra i popoli saranno nell’angoscia, spaventati per il fragore del mare sconvolto; *gli uomini verranno meno per la paura nell’attesa di ciò che sta per rovesciarsi sul mondo; perché le potenze dei cieli saranno squassate. *Allora si vedrà il Figlio dell’uomo venire su una nube nella pienezza della potenza e dello splendore. *Quando incominceranno ad accadere tali cose, rialzatevi e sollevate il capo, perché la vostra liberazione è vicina

Vegliate… pregando – E disse loro questo paragone: Osservate il fico e tutti gli alberi; *quando germogliano, voi stessi capite, vedendoli, che ormai l’estate è vicina. *E così pure, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. *In verità vi dico: Non passerà questa generazione finché tutto sia avvenuto. *Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. *Badate a voi stessi, che la vostra coscienza non sia sommersa nella crapula, nell’ubriachezza e nelle preoccupazioni del vivere, perché quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso *come un laccio; perché esso si abbatterà su tutti gli abitanti della terra. *Vigilate dunque e pregate in ogni tempo perché abbiate la forza di sfuggire a queste cose che devono accadere e di stare alla presenza del Figlio dell’uomo. *Durante il giorno Gesù insegnava nel tempio, e la notte usciva e pernottava sul monte degli Ulivi. *E tutto il popolo il mattino presto veniva da lui nel tempio per ascoltarlo.

Poco dopo questi messaggi si compi’ per Gesu’ il suo destino,qui sotto metto le ultime parole che Lui disse hai discepoli  quando e’ risorto,poco prima di ascendere al Cielo.

Gesu’ appare agli undici e agli altri discepoli – *Mentre ancora parlavano di queste cose. Gesù fu presente in mezzo a loro e disse: Pace a voi! *Turbati e spauriti, essi credevano di vedere uno spirito. *Ma egli disse loro: Perché vi turbate, perché sorgono dubbi nei vostri cuori? *Guardate le mie mani e i miei piedi; sono proprio io! Toccatemi e constatate; uno spirito non ha né carne né ossa come vedete che ho io. *E, dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. *Ma siccome per la gioia stentavano a credere ed erano stupiti, aggiunse loro: Avete qui qualche cosa da mangiare? *Essi gli offrirono un pezzo di pesce arrosto. *Egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. *Poi disse: Ecco le parole che vi ho detto quando ero ancora con voi: bisognava che si compisse tutto quanto è scritto di me nella legge di Mosè e nei profeti e nei salmi. *E seguitò aprendo loro la mente a comprendere le Scritture. E disse ancora: *Così sta scritto: il messia dovrà soffrire e il terzo giorno risorgerà dai morti, * e nel suo nome saranno annunciati a tutti i popoli, incominciando da Gerusalemme, la conversione e il perdono dei peccati . *Voi siete i testimoni di queste cose. *Ed ecco, io mando a voi ciò che il Padre ha promesso. Voi quindi rimanete in città finché non sarete rivestiti dalla potenza che viene dall’alto. *Poi li condusse fuori, verso Betania e, alzando le mani, li benedisse. *E mentre li benediceva, si staccò da loro e fu trasportato verso il cielo. *Ed essi, dopo essersi prostrati davanti a lui, ritornarono a Gerusalemme pieni di gioia; *e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

                                                           CONSIDERAZIONI PERSONALI

 
Queste parole di Gesu’ sono state per me una vera rivelazione,un’illuminazione. Avevo,prima di “conoscere” Gesu’, studiato filosofi e Guru orientali,ma tutte quelle filosofia non mi lasciavano altro che ulteiori domande e poco,e comunque,incomplete risposte; in poche parole,avevano aumentato il mio vuoto interiore,invece che riempirlo: solo nella vita,nell’esempio,nell’insegnamento di Gesu’ ho trovato tutto cio’ che cercavo; non domande,ma risposte; non confusione,ma certezza di verita’.  Vero e’ che,se non si leggono le parole di Gesu’ con umilta’,ed al contrario le si legge con superbia e saccienza,non le si capisce e non le si apprende; l’umilta’ del discepolo apre la via alla Luce.
Sono consapevole che e’ un messaggio di salvezza duro da mettere in pratica,poiche’ e’ necessario un inevitabile sacrificio,un inevitabile rinuncia,diventa una vita di lotta quotidiana contro le tentazioni del maligno ed i suoi peccati; il quale ci proprone sempre la via piu’ piacevole,di orgoglio,di vanagloria,di vanita’  ed ogni cosa vana che ci allontana dalla pace interiore e quindi da Dio stesso. Il diavolo entra in ogni essere umano utilizzando la debolezza della vanita’ dell’uomo; solo seguendo l’insegnamento di Gesu’ ci si puo’ salvare da una vita di confusione,peccato,superbia e vanita’. Senza Gesu’,un uomo o una donna,e’ sempre solo,anche in mezzo alla gente; ma con Gesu’ nel cuore non si e’ mai soli anche se intorno c’e’ solo il deserto. Nella mia esperienza personale,quando anni or sono (ed ora ho 30 anni,classe 1982),vivevo in mezzo a discoteche,locali e feste,sempre circondato da tante persone; in realta’ mi sentivo solo; adesso con Gesu’ nel cuore,nella mente,nell’anima,anche quando vado a fare trekking e sono da solo su di una cima di una montagna,non mi sento solo,non mi sono mai piu’ sentito solo. Gesu’,le sue parole,sono veramente il pane del vita,che riempiono e saziano ed estinguono quel vuoto interiore colmandolo di Luce. Gesu’ ci dice:<  Passerano il cielo e la terra,ma le mie parole non passeranno>.  Il Mondo ci offre “verita’” illusorie e passeggere,Gesu’ ci offre Verita’ certe,autorevoli ed eterne. Ascoltiamo la Verita. Gesu ci dice:< La Verita’ vi rendera’ liberi >.
 
 
Jvan Bugliani

20140221-132554.jpg